C’è un momento, nella vita di chi scrive, in cui le parole non bastano più a raccontare un solo mondo. Allora si aprono nuovi sentieri, si varcano confini apparentemente lontani e si scopre che la vera meraviglia nasce proprio quando si ha il coraggio di attraversarli. Licia Troisi, astrofisica, scrittrice e regina indiscussa del fantasy italiano, ha fatto esattamente questo: ha abbandonato, o meglio, affiancato, draghi, magie e mondi immaginari per tuffarsi nell’universo razionale, ma non per questo meno affascinante, del mistero e del giallo.
Con “Uscimmo a riveder le stelle”, secondo capitolo di una nuova serie, Licia ci conduce in un mondo dove la scienza incontra il noir, l’ironia si mescola alla tensione e la voce della ragione convive con quella più sottile e insidiosa dell’ansia. Durante la nostra conversazione, Licia ci ha guidati all’interno del suo universo narrativo, raccontandoci come nasce una storia quando si parte dalla scienza per costruire mondi fittizi. Ci ha parlato del suo metodo rigoroso, ma anche delle emozioni che lo attraversano, della voce interiore che talvolta punge, e dell’accettazione di una forza personale che ha impiegato anni a riconoscere.
Un dialogo che va ben oltre la letteratura, e che tocca ciò che di più profondo può esserci nell’esperienza umana: la ricerca, in tutte le sue forme, della verità e di sé stessi.
È un grandissimo onore poter chiacchierare con la regina del fantasy italiano, anche se ti troviamo qui per presentare un titolo appartenente ad un genere diverso, “Uscimmo a rivedere le stelle”: come sta andando questo nuovo percorso nel mondo dei gialli?
Molto bene devo dire, l’anno scorso quando era uscito il primo ero abbastanza preoccupata perché era un po’ un salto nel buio, anche se avevo già messo degli elementi gialli nei miei libri precedenti. Però cambiare proprio genere, dopo 20 anni di carriera principalmente nel fantasy, era un po’ strano, e invece devo dire che l’accoglienza è stata molto, molto buona; quindi, sono veramente contenta di essermi messa alla prova con quest’altra esperienza.
È una storia che mescola scienza, mistero, comicità e tensione: come hai sviluppato la stesura di questo romanzo e del precedente? Come funziona il processo creativo, tra raccolta idee, ispirazioni, stesura effettiva e post?
Devo dire la verità, non è stato radicalmente diverso da quello che faccio per il fantasy, perché secondo me la letteratura di genere ha degli elementi in comune, che sostanzialmente sono l’importanza della trama e dei personaggi. Quindi comunque la trama deve essere strutturata in un certo modo, mantenere alto il ritmo, mandare il lettore su false piste… Da questo punto di vista secondo me si assomigliano, e il metodo è sempre quello: parto da un’idea (in questo caso, il detective astronomo) e, nel secondo libro, l’idea di ambientare la storia in un congresso scientifico, e poi da lì piano piano vado a elaborare i personaggi e la trama. Prima di cominciare a scrivere ho proprio uno schema in cui scrivo capitolo per capitolo quello che andrò a raccontare: io sono una scrittrice molto sistematica; quindi, ho bisogno di tanti schemi e di avere tutto ben presente prima, in modo tale da potermi poi completamente abbandonare al flusso narrativo, che è la parte che mi piace di più del processo.


Gabriele Stelle è un astrofisico, come te: questo personaggio ti ha sorpreso nel percorso di scrittura? Oppure lo avevi delineato quasi interamente fin dall’inizio?
Gabriele ce lo avevo abbastanza presente dal libro precedente; poi ci possono essere degli elementi che metto a fuoco a mano a mano che scrivo, mi è capitato in passato, non mi è capitato nello specifico per questo libro per il quale avevo più o meno già tutto ben presente dall’inizio dal punto di vista dei personaggi.
Gabriele ha questa vocetta che gli sussurra delle cose in testa per anche metterlo alla prova e in difficoltà. Questa vocetta è reale anche per te? E Come la “tieni a bada” eventualmente?
È un po’ una trasposizione della mia ansia. Io sono una persona che soffre d’ansia, quindi se vogliamo sono i miei pensieri intrusivi. In realtà, dal punto di vista lavorativo, praticamente ormai fa parte del processo; mi serve anche per rimanere concentrata, per andare avanti e dare il meglio di me. Secondo me, le ho tenute a bada con la voglia di scrivere, ho trovato loro un posto all’interno del processo creativo, e in qualche modo riesco poi a non farmi paralizzare.
Il titolo rimanda alla citazione dantesca e Dante tra scienza, religione, storia e cultura ha saputo raccontare la complessità umana in un modo unico e, per questo forse, immortale e universale. La strada per la conoscenza e per l’inferno, come si intersecano?
Probabilmente si può trovare un parallelo con quello che succede a Gabriele nel libro, perché quando lui guarda il cielo è sempre un momento importante, di realizzazione di cose di sé e per quanto riguarda il caso che deve risolvere. Mi viene da dire, visti anche i temi che tratto in questi libri, che l’inferno è il modo in cui facciamo ricerca, quindi alcuni aspetti della nostra declinazione del metodo scientifico, che sono molto performativi, e di cose che secondo me non fanno bene alla ricerca. Tra l’altro, da quando ho scritto questo libro, mi capita spesso di incontrare alle presentazioni delle persone che mi raccontano quanto si sono riviste nelle loro esperienze accademiche e che mi dicono di aver lasciato perché era un ambiente che non riuscivano più a tollerare, dove la competizione era eccessiva, il rapporto con i superiori bruttissimo… Quindi probabilmente l’inferno è quello.

Ma c’è anche un paradiso?
Per me il paradiso è tutto quello che riguarda il cercare di comprendere l’universo. Quella secondo me è una cosa bellissima che nasce dalla curiosità dell’essere umano, comprendere le cose che lo circondano. E quello è ciò che dobbiamo tentare di salvare, no? Il desiderio di conoscenza e la capacità di comprendere le leggi del cosmo. Sul come lo facciamo invece, ci possiamo lavorare.
Possiamo dunque dire che creare mondi, personaggi e storie sia una sorta di scienza?
Non so se lo è in generale, però per me sì. Ne parlavo l’altro giorno con una persona che era venuta a sentire una mia presentazione e che mi ha detto: “Quando hai parlato del metodo che usi per scrivere, ho pensato subito che fosse un metodo derivante dalla scienza” e questa cosa è vera, quindi probabilmente per me lo è. Fare gli schemi, essere molto sistematica, sono delle cose che vengono dalla mia formazione scientifica, però non so se è vero in assoluto perché ci sono scrittori che seguono strade diverse, non si fanno gli schemi, si fanno completamente trascinare dal flusso narrativo… Non è vero per tutti, ma lo è per me.
Scienza e fantasy possono sembrare (erroneamente secondo me) agli antipodi, proprio per il contrasto tra fantastico e reale. Come vivi questo rapporto e cosa rappresenta per te?
Per me la scienza è stata anche molte volte fonte d’ispirazione per le mie storie; quindi, io non le vedo come cose contrapposte, anzi la creazione dei mondi per me ha molto a che fare con la scienza, perché noi dobbiamo creare dei mondi coerenti esattamente come l’universo è coerente. Quindi il nostro cervello crede a mondi inventati e assurdi finché sono internamente coerenti, perché abbiamo a che fare con un universo internamente coerente. Sono delle cose che possono avere un legame, non è necessario in ogni caso, anche se secondo me uno che crea mondi sta facendo un po’ scienza.

“E quello è ciò che dobbiamo tentare di salvare, no? Il desiderio di conoscenza e la capacità di comprendere le leggi del cosmo”.

Qual è il fatto scientifico inerente all’universo che più ti affascina e appassiona in assoluto?
Sicuramente la prima rivelazione delle onde gravitazionali. Avevo fatto anche un corso sulle onde gravitazionali durante il dottorato ma non erano ancora state osservate, dubitavo che prima o poi sarebbero state viste, nonostante la teoria che le prevede, la teoria della relatività generale, sia estremamente solida, ma siccome producono un effetto minuscolo, pensavo che la tecnologia per farlo non sarebbe mai arrivata. La notizia mi è arrivato in anteprima, perché mio marito lavorava all’epoca in collaborazione con il gruppo che cercava le cosiddette controparti delle onde gravitazionali: quando c’è un’onda gravitazionale, si va a vedere se è successo qualcosa nel cielo anche nella luce visibile, nei raggi X etc. e lui faceva parte della ricerca delle controparti ottiche, quindi questa notizia ci è arrivata in anteprima, perché tra la comunicazione e la rivelazione sono passati 6 mesi, durante i quali si è cercato di vedere se questa fosse effettivamente una scoperta solida, e lo era. Oggi invece è una cosa normale rilevare giornalmente le onde gravitazionali.
Il libro o i libri sul tuo comodino in questo momento.
Sto leggendo un libro di fantascienza, “Big Time” di Jordan Prosser. La storia di finzione è narrata da un giornalista che gira con una band ma c’è un elemento di fantascienza, sia perché è ambientato in un futuro prossimo, nel 2040, sia perché in questo futuro esiste una droga che ti permette di vedere il futuro. Voglio capire quali saranno gli sviluppi, sono abbastanza all’inizio ma mi sta appassionando.
Che cosa significa per te sentirti a tuo agio nella tua pelle.
È un processo lunghissimo con il quale sto ancora cercando di fare i conti. Ho avuto problemi tutta la vita con la percezione del mio corpo, per tantissimo tempo non mi sono piaciuta e ancora adesso ho difficoltà a separare la percezione che ho di me dal numerino del peso, perché poi alla fine di quello si tratta. Però devo dire che è un periodo in cui sento maggiormente il mio corpo rispondere a quella che è un’immagine interiore di me; quindi, evidentemente sto facendo dei progressi da questo punto di vista.

L’ultima cosa che hai scoperto di te stessa grazie anche al tuo lavoro.
Sono in un periodo in cui sto scoprendo tantissime cose di me stessa, sto scoprendo la possibilità di accettare che sono brava in qualcosa. È stata una cosa difficilissima per me, potermi dirmi: “Sì, questa cosa l’hai fatta bene”, senza sentirmi superba e sopravvalutata. Questa è una cosa che sto imparando; sto scoprendo anche tanta forza, io mi sono sempre percepita come una persona molto fragile e invece no, e questa è una cosa molto bella.
La tua isola felice.
Il bosco. Vivo in un posto abbastanza vicino ai boschi e mi piace tantissimo andarci a passeggiare. In questo periodo lo posso fare ancora poco perché mi sono fratturata la caviglia quindi devo stare attenta, però quando sto in mezzo alla natura sento che tutto si riequilibra e si mette a posto.
Hai già riletto “Il nome della rosa” quest’anno?
Sì sì, non mi ricordo se fosse dicembre o gennaio, però l’ho già riletto.
Photos by Luca Ortolani
Thanks to Marsilio Editori
What do you think?