Michael Miller è una di quelle persone genuine che ama profondamente il suo lavoro e che ti affascina con ogni parola, espediente o ricordo. Michael sa dove vuole arrivare, sa che per ottenere dei buoni risultati deve lavorare molto e tenere tutto organizzato, come ha sempre fatto d’altronde, e sa che l’unico modo per riuscirci è credere in quello che fa e nel potere liberatorio che solo la moda sa donare.
Celebrity stylist, amante della fotografia, dei film e dei motti, Michael Miller nel corso della sua carriera si é occupato dei look di Willem Dafoe, Helena Bonham Carter e Andrew Scott, portando con sè, editoriale dopo editoriale, look dopo look, sempre un nuovo insegnamento che possa tornargli utile, sia nel bene che nel male. È anche lo stylist di Robert Sheehan, il protagonista della nuova serie Netflix “The Umbrella Academy” con il quale ha stretto un rapporto di reciproco rispetto e fiducia, l’elemento chiave per ogni lavoro che si rispetti. Perché se non si incontrano i gusti dei clienti, non vedrai mai brillare quel tipo sorriso di chi è consapevole di sé sotto i riflettori del red carpet, come ci ha rivelato Michael nel corso della nostra chiacchierata a Londra, dopo che lui aveva trascorso la notte precedente su FaceTime per accertarsi che ogni dettaglio del look di Robert per la première americana di “Macchine Mortali” fosse perfetto.
Che si parli di esperienze sul set, must-have facendo un lavoro (spoiler: sono piccole e appuntite) o consigli per un look a prova di red carpet, Michael sa sempre cosa dire con la consapevolezza di chi ha accumulato un certo numero di esperienze nel settore ma che, ciò nonostante, non vuole fermarsi mai. E con la sua determinazione, siamo certi che per Michael questo sia solo l’inizio.
Quando hai capito di voler diventare uno stylist?
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Non l’ho mai desiderato veramente, volevo essere uno stilista, è successo per caso. Ho studiato abbigliamento femminile alla Central St. Martins e non capivo cosa facesse uno stylist, e non ci pensavo perché volevo fare il designer. Un paio d’anni dopo la laurea, mi sono trovato senza lavoro e così ho assistito una stylist, e ho pensato: “Questo lavoro è interessante!” Mi annoio facilmente, sono una persona impaziente, non con gli altri, ma lo stare senza aver nulla da fare mi è pesante: ho realizzato che il design, che prevede di stare seduto a una scrivania a disegnare per ore, non fa per me, mentre con lo styling sono sempre in giro, i piani cambiano ogni 30 secondi, è un lavoro spontaneo, divertente, folle, ed è così che mi sono ritrovato a farlo.
Facevi parte del team di designer di Diane von Furstenberg e Elisa Palomino. In che modo pensi che il tuo background come designer ti abbia aiutato per il lavoro di stylist?
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Penso che l’aspetto tecnico mi sia stato molto utile. Sono stato assunto non necessariamente per le mie abilita di designer, non capivo la creazione di abiti in termini di cartamodelli, ero solito drappeggiare su un manichino, cucire a macchina e poi ricavare un design in 3D piuttosto che partire da un semplice disegno, e questi insegnamenti mi sono tornati molto utili. Quando mi occupo di un look da red carpet, qualcosa si può rompere all’ultimo minuto o può non stare bene a una persona una volta indossato, e devi risolvere queste problematiche a mano. E poi, soprattutto per quanto riguarda l’abbigliamento maschile su misura, specialmente a Savile Row, c’è questa tendenza a guadarti male, perché loro hanno 30 anni di esperienza alle spalle e non credono che tu sappia davvero quello che stai facendo, quindi a meno che tu non conosca la terminologia corretta o come modificare un abito ti scavalcheranno sempre dicendoti quello che loro secondo loro dovresti fare e non puoi permetterglielo, tu sei il boss e sai esattamente cosa vuoi.
“Con lo styling sono sempre in giro, i piani cambiano ogni 30 secondi, è un lavoro spontaneo, divertente, folle, ed è così che mi sono ritrovato a farlo”.
Hai collaborato con diversi magazine per la realizzazione di editoriali. Ce n’è stato uno che ti ha lasciato una grande libertà creativa e del quale sei particolarmente fiero?
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Ce ne sono molti! Ne ho fatto uno a Roma con Willem Dafoe, la scorsa estate. Ho scattato con uno dei miei migliori amici, Michiel Meewis, il che è stato fantastico perché scatta le foto più belle, potrebbe fare un servizio fotografico a un bagno e renderlo meraviglioso, non c’è niente che non sappia fare… Aggiungeteci poi quest’attore fantastico… É stato un privilegio passare una giornata con delle persone simili e ascoltare le loro storie; inoltre, non abbiamo scattato la Roma tradizionale, quella che chiunque vede. C’è un film di Pasolini intitolato “Mamma Roma” ambientato nelle periferie della capitale, dove ci sono dei resti di antichi edifici Romani e ci siamo concentrati su quella Roma, piuttosto che sulle quella delle fontane e delle chiese di sempre. È stata una giornata speciale: abbiamo scattato una foto che mi ha colto di sorpresa perché Willem si era messo orizzontalmente su uno sgabello, c’è una roccia sopra uno sgabello e lui si è posizionato sopra in orizzontale. Abbiamo detto: “Facciamo delle pose di yoga pazze e vediamo cosa succede” e questo è il risultato, è stato pazzesco, una delle esperienze più belle.
Quando scatto con qualcuno, per me è importante che il risultato mi renda felice, voglio che esprima di più di una semplice immagine, voglio che sia iconica, come un’opera d’arte che può essere appesa al muro. Tutte le mie referenze fotografiche sono immagini di questo tipo, si possono appendere sia nelle gallerie d’arte che nelle case, ti emozionano guardandole. Voglio che rimangano impresse nelle menti delle persone. Sono onorato di lavorare con alcune persone piene di talento e con attori e attrici famosi, è un piacere enorme: sono un fan come una qualsiasi altra persona e ho l’onore di passare una giornata con loro o con coloro che vesto per un red carpet.
“Quando scatto con qualcuno, per me è importante che il risultato mi renda felice, voglio che esprima di più di una semplice immagine, voglio che sia iconica”.
Parlando di questo editoriale con Willem, qual è stata l’ispirazione per il tuo lavoro?
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Il concetto cambia ogni 5 minuti. C’erano molti riferimenti ai film di Pasolini, che Willem aveva interpretato in precedenza in modo ammirevole. Tutti i miei riferimenti di solito vengono dai film, sono un nerd da quando ero bambino, ricordavo sempre la trama, gli attori protagonisti, i registi, avevo una grande (e inutile) cultura pop che si è rivelata al contrario indispensabile quando sono diventato uno stylist.
C’è un fotografo tedesco, Herbert List, a cui faccio molto riferimento, e un altro a cui mi rifaccio spesso è August Sander. Avevamo sei diverse immagini di uomo italiano ma quello a cui eravamo più attaccati era il look alla Pasolini, soprattutto quello di “Mamma Roma”: c’è una foto bellissima di Willem che cammina di fronte a delle rovine, l’abbiamo creata usando 4 immagini scattate in sequenza, una dietro l’altra, nella prima lui è lontano e poi… È come quei libri sfogliabili di quando eri bambino, la figura si avvicina mano a mano che lo sfogli, come se si muovesse davvero. Questa è stata l’ispirazione: arriva da ogni parte, ho una cartella piena di immagini di rifermento nel mio computer.
Sei lo stylist di Robert Sheehan, protagonista del film “Macchine Mortali” e della nuova serie Netflix “The Umbrella Academy”. Come ti trovi a lavorare con lui e come definiresti il suo stile?
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Molto divertente, non sembra neanche lavoro. Siamo usciti insieme questa settimana prima che volasse a Los Angeles, dove c’è stata la première del film. Sono stato sveglio tutta la notte per sentire su FaceTime questo mio amico che doveva curare il look di Robert per l’occasione, abbiamo controllato che tutto fosse perfetto. È quel tipo di persona con la quale puoi chiacchierare per ore davanti a una tazza di the, è fantastico, perché molti uomini hanno una visione molto chiusa di ciò che vogliono, e tentare di cambiare il loro stile richiede un sacco di tempo: non puoi semplicemente obbligarli a indossare qualcosa di folle, potrebbero impazzire nel vedere una cucitura bianca sul bavero, devi imboccarli poco a poco per provare a cambiarli un po’. Robert invece era vestito dalla testa ai piedi con un completo di paillettes ieri sera, sembrava una palla da disco umana: con Rob puoi fare quello che vuoi, è una tela bianca. Mi chiama la sua “cavia domestica”.
“Con Rob puoi fare quello che vuoi, è una tela bianca”.
Ora è nel cast di “The Umbrella Academy”, la prima serie Netflix dedicata ai supereroi in uscita a febbraio; seguirò Rob nel progetto e penso potremmo osare anche di più per l’occasione, inoltre seguirò anche un altro attore della serie, Tom Hopper. Ho due ragazzi in una sola occasione e credo sarà molto interessante, perché è la prima serie di supereroi Netflix, c’è un grande budget dietro, quindi non perdetevela, ci sarà da divertirsi.
Capisci che è l’outfit giusto per una persona semplicemente guardandola in faccia. Se quello che indossa va bene si illumina, non riesce a nasconderlo, dal suo volto trapela ogni emozione. Fortunatamente non accade spesso che la convinca quello che non vuoi che indossi.
Hai anche curato lo styling di Helena Bonham Carter per la cover di SZ magazine: come è stato lavorare con una simile leggenda?
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È stata una giornata surreale, non ti aspetteresti di trovarti in sua compagnia… Con tutti quelli con cui ho lavorato in realtà non penseresti mai di trovarti a trascorrere una giornata insieme. È una donna con una grande consapevolezza di sè. Era molto tranquilla durante il trucco e parrucco, prima dello styling, mentre un attimo dopo era avvolta da una gonna gigante, abbellita da gioielli e messa di fronte alla camera. Chiediamo sempre quale musica vogliano ascoltare sul set e in quell’occasione abbiamo scelto Frank Sinatra; avevamo una finestra di tre minuti per scattare ogni outfit, e in quei momenti era come impossessata, all’improvviso “boom”, c’era Helena Bonham Carter che si rotolava e divertiva, è stato magico da vedere perché pensi: “Diavolo, questa è una donna che… wow!”
Chi è una celebrità con la quale ti sei trovato bene a collaborare e qual è invece una persona di cui vorresti curare lo styling?
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Ogni anno si tengono gli Olivier Awards e ho lavorato con quest’attrice, Janet McTeer, non la conoscono in molti, per lo più i nerd penso, ma me la ricordo perché ha doppiato uno dei miei film preferiti, “Velvet Goldmine” che guardavo sempre da ragazzo e che parla del glam rock degli anni ’70, lo guardavo e pensavo: “voglio essere così”, la trama è incredibile. Non avevo mai lavorato con una celebrità da solo prima e vederla, quando ha aperto la porta, e sentire la voce del film, mi ha fatto sciogliere, è stato magico. Però mi comporto da fan più con i fotografi che con i talent. Una volta ho fatto uno shooting con un fotografo fantastico, Norman Jean Roy, si occupa delle cover di Vanity Fair e Hollywood Reporter, riconosci il suo lavoro se lo vedi, è iconico.
Con chi vorrei lavorare? In futuro, e spero accada relativamente presto incrociando le dita, vorrei lavorare per Vanity Fair qui in Inghilterra, ho sempre amato quell’immaginario, e sto aspettando che arrivi l’occasione giusta: vorrei fare un servizio per Vanity Fair con qualcuno come Cate Blanchett, sarebbe fantastico, Cate sarebbe il massimo. Anche Glenn Close, per la sua storia e il suo volto… Vorrei anche stampare le foto dei miei lavoro e appenderle, non per arroganza, ma per dire “cavolo, l’ho fatto io!”, quindi pensate a Glenn Close sul mio muro, sarebbe magnifico!
Speriamo di vedere presto questo servizio appeso sul tuo muro!
Quale sarà uno dei trend principali di quest’anno secondo te?
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Sono una di quelle persone che, quando gli viene chiesto “dimmi un trend”, risponde: “non lo so”. Davvero, non lo so, quello che penso delle tendenze è che non mi interessano, la domanda importante è: “mi sta bene o no?” Penso che le persone nella moda usino i trend per far sembrare che stiano facendo qualcosa di utile. Non siamo Madre Teresa di Calcutta, non stiamo salvando il mondo, non operiamo a cuore aperto, sono solo vestiti, quindi i trend sono un no per me, nella mia opinione conta solo: “Mi sta bene o no? È adatto? La persona che lo indossa è felice, si vede bene?” Non mi importa se dicono che il floreale sia cool o no, basta indossare quello che vuoi, è il tuo corpo, non lasciare che qualcun altro ti dica cosa fare. Io non dico alla gente cosa fare, io lavoro con loro e dico: “saresti interessato a provare questo?”.
“Non mi importa se dicono che il floreale sia cool o no, basta indossare quello che vuoi, è il tuo corpo, non lasciare che qualcun altro ti dica cosa fare”.
Che consiglio daresti per i look da red carpet?
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È un duro lavoro! Sai, c’è molto più di quel che si vede effettivamente sul red carpet. È divertente, ma è una faticaccia. Non sono arrivato dove sono ora in cinque minuti, è stata un lungo e lento percorso. Alcune persone hanno fortuna, ma c’è un sacco di concorrenza nella moda, soprattutto nell’ambito dei red carpet dove c’è un range molto limitato di attori con cui lavorare, è un duro lavoro e devi avere una bella faccia tosta. Ci sono dei giorni all’inizio in cui pensi: ”Che diavolo sto facendo? Perché lo faccio?”, ma se ti impegni raggiungerai i tuoi obiettivi, devi avere la la convinzione assoluta che stai per diventare il numero uno o che arriverai dove vuoi. Ma, devi lavorare sodo: ci sono un sacco di notti in cui si fa tardi, molte volte non vieni pagato, e sono situazioni che devi saper affrontare. Tutto questo duro lavoro paga alla fine, è una di quelle situazioni in cui all’inizio non puoi nemmeno permetterti di fare la spesa, o non usi il riscaldamento in inverno per risparmiare, poi a tutto ad un tratto pensi: “Oh, posso prendere quelle scarpe da ginnastica che ho sempre voluto” e “Oh, posso fare quella bella vacanza che ho sempre voluto fare”. Ripaga, davvero, ma deve essere un lavoro costante. Si tratta solo di costanza.
Qual è il tuo look iconico?
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Allora… nella mia mente faccio sempre riferimento agli anni ’40 e ’50, l’età d’oro di Hollywood. Non mi sono mai piaciuti i film in bianco e nero, la passione deriva dalle immagini e dalle fotografie di cui mi sono innamorato. A volte faccio riferimento anche agli anni ’20 e ’30. Ma, a livello di red carpet, non credo che si dovrebbe avere una look iconico, non sta bene, si deve essere in grado di leggere la mente del cliente e scoprire quello che vuole, devi conoscerlo davvero bene, quindi se avete uno stile di riferimento e cercate di imporlo su qualcun altro non funzionerà, non otterrete un sorriso da loro… Devi davvero essere in grado di leggere la loro mente. Mi piace incontrare i clienti facendo prima un editoriale con loro, o almeno parlare insieme davanti un caffè o a pranzo, stare semplicemente seduti e chiacchierare, e credo di aver imparato a leggere bene la personalità degli altri, e quello che piace.
“Se ti impegni raggiungerai i tuoi obiettivi, devi avere la la convinzione assoluta che stai per diventare il numero uno o che arriverai dove vuoi”.
Il tuo must-have quando fai uno styling?
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Per me sono le spille da balia. Sono particolarmente importanti durante gli shooting, le adoro; non uso le mollette perché se si muovono possono vedersi. So che alcuni dicono che le spille lasciano dei buchi, ma conosco delle soluzioni magiche per rimediare. Sì, le adoro, sono la mia cosa preferita sulla terra. L’altra cosa è essere organizzati. Ho un armadio dove tutto è categorizzato e indicato da delle etichette dove scrivo cosa ci sia dentro una determinata scatola: ho tutto organizzato. Vivo di appunti nel mio lavoro, ogni singolo lavoro, ogni singolo cliente ha una sua lista, come si chiama, chi ha detto di sì, chi ha detto di no, chi ha detto forse, liste di lettere che ho inviato… Tengo tutto. L’organizzazione è la chiave. Se avete un solo cliente non è difficile, ma una volta che si inizia ad averne tre, quattro tra cui ci si deve destreggiare simultaneamente, se non si è organizzati ci si fa fuori da soli.”La pianificazione perfetta previene le prestazioni patetiche”, adoro i motti. La mia insegnante di cucina a scuola, quando avevo 13 anni, usava questa frase e da allora non l’ho mai dimenticata, quindi grazie signorina A.
Hai mai avuto un epico fail sul lavoro?
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Sì, l’ho avuto, non dirò chi era coinvolto, m sì, in realtà è successo solo una volta. Mi ha insegnato che devi essere pronti a tutto. Mia madre mi diceva sempre: “tesoro, hai ritirato troppi vestiti, non hai bisogno di farlo, è un lavoro enorme”, ma se non lo fai, allora qualcun altro lo farà al posto tuo. Quindi, sì, le foto erano brutte, mi erano state date le taglie sbagliate e le cose non sono andate come previsto… ma devi sempre trovare una soluzione, una volta che sei lì non hai altra scelta. A prima vista non stava andando bene, così mi sono ritirato un attimo e ho detto al mio assistente: “Per favore, tieni la situazione a bada, ho bisogno di schiarirmi un attimo le idee” e mi sono messo in un angolo, ho sento gli occhi inumidirsi, e ho detto: “No, non piangere, respiri, espira e vai”. Devi portare a termine lo shooting, devi arrivare a fine giornata e quando è finita allora sai che è andato tutto bene. Alcune delle situazioni più difficili hanno portato ad alcune delle migliori immagini realizzate. Penso che ci sia bisogno di dolore e sofferenza nella vita per rendere gli altri aspetti un po’ più brillanti.
“L’organizzazione è la chiave”.
E qual è il tuo fashion superpower? Quello che pensi di avere o quello che vorresti avere.
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Di solito sono abbastanza bravo a indovinare le taglie, semplicemente degli uomini, mi basta guardare una persona. Scarpe, pantaloni, giacche… So a che taglia corrispondi. Penso che sia dovuto al fatto che ho lavorato con qualcosa come 70 persone, anche con le donne sono relativamente bravo, non sempre, ma sì, posso sicuramente dire che numero di scarpe ha una donna. È un potere telepatico strano, penso che la maggior parte degli stylist lo abbia, voglio dire, se si fissa qualcosa abbastanza a lungo, lo identifichi alla fine.
Un fashion superpower che vorrei avere… Non so niente di streetwear, o di abbigliamento sportivo, non è il mio campo, ma se lo conoscessi sarebbe molto utile, perché potrei ottenere più lavori in quel versante. Faccio un po’ di palestra, ma non ho alcun interesse per lo sport, così sportswear e streetwear sono “EW!” per me. È comodo come abbigliamento, sono in felpa anche ora, è confortevole, ma vengo da una scuola tecnica, e quando ho studiato moda facevo le cose seguendo un tecnicismo prestabilito per i modelli e i vestiti, per questo apprezzo i lavori curati ed elaborati, e i leggins. Le persone che pagano tipo migliaia di euro per un paio di fottuti leggina sono pazze.
Cos’è la moda per te? Come la definiresti?
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La moda è libertà di espressione, di fare quello che vuoi e come diavolo vuoi. Sai, forse dovrei ritirare quella risposta sullo streetwear e sui leggins, perché nessuno dovrebbe giudicare nessuno, è la tua vita, fai quello che vuoi, ed è questo che amo della moda. Un sacco di gente dice che sia falsa. Ma facendo questo lavoro ho conosciuto delle persone meravigliose e genuine che sono dei miei grandi amici, lavorano nella moda e tutti amiamo i vestiti, la bellezza, le foto, passiamo dei bei momenti e talvolta alcuni di tristi: la vita non è sempre giusta, ma con i nostri vestiti possiamo sentirci meglio, possiamo esprimere noi stessi. Quando mi sono trasferito a Londra 12 anni fa, è stato perché avevo guardato un paio di film, tra cui “Velvet Goldmine” e uno di quei “Party Monster” di New York che tutti i miei amici guardavano, e c’erano questi bambini con indosso dei look incredibili e ho pensato “Voglio essere come loro”. Vivevo in un piccolo paese, andavo in un scuola dove ero costantemente vittima di bullismo perché ero un pesce fuor d’acqua con indosso i miei abiti di Comme des Garçons. Volevo essere libero, e questo è ciò che la moda mi ha dato, ti dà la libertà di essere chi cazzo vuoi, e fanculo chiunque abbia da ridire a riguardo.
“La vita non è sempre giusta, ma con i nostri vestiti possiamo sentirci meglio, possiamo esprimere noi stessi”.
Ultima domanda: cosa c’è nel tuo futuro?
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Ho una lista piuttosto lunga. Al momento sta lavorando su questa nuova serie Netflix con Rob, spero di lavorare anche con il suo co-star, Tom Hopper. Ho in cantiere un paio di editoriali… Per ogni editoriale mi occupo di più aspetti, organizzo anche le attività collaterali, la produzione, e quindi si, ne ho un paio da fare prossimamente.
Il Regno Unito non è considerato il fulcro per red carpet e simili, forse solo nella musica, ma non per gli attori, non è Hollywood per intenderci. Non credo ci sia un motivo ben preciso, forse delle persone ci hanno provato e hanno fallito, ma vorrei lavorare allo stesso livello degli stylist di LA e New York, lì è dove voglio arrivare. Penso che le persone stiano iniziando a considerarmi seriamente nel settore, non sono sicuramente uno stylist celebre ma ci sto arrivando, ci sto arrivando. Non si può guardare troppo in là, ma immagino che ogni giorno sia un buon giorno per festeggiare un nuovo obiettivo.
Ho fatto delle cose negli ultimi due mesi non avrei mai sognato di fare un anno fa, e avere a che fare con alcuni lavori davvero tosti, giostrarsi tra più impegni senza bruciare… Finché sarò vivo e andrò avanti, saprò che questo è un buon inizio. Mi piacerebbe essere ai livelli di di Elizabeth Saltzman, o di Ilaria Urbinati, è lì che voglio arrivare,