Ha sempre detto quello che pensava, usando la sua voce per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla realtà del mondo della moda e i suoi meccanismi (a volte discutibili); ha sempre sfruttato il potere delle emozioni per lavorare al massimo delle sue capacità; è una pioniera nell’industria della moda, ha sfilato sulle passerelle più importanti e ha brillato sotto i riflettori delle sfilate di moda più iconiche; è una donna forte, che non ha paura di mostrare le sue vulnerabilità, e non ha paura di dire “no”; le modelle in erba sono protette dalla sua ala grazie a quello che ha fatto con e per loro. Lei è Coco Rocha, la nostra Cover di novembre, e con lei abbiamo parlato di Coco Rocha Model Camp, fratellanza e sorellanza, diversità e della vita di una lavoratrice instancabile quando si trova in un ambiente in cui può sentirsi libera di parlare senza paura e smettere di cercare di piacere a tutti.
È stato un onore per me avere la possibilità di parlare con Coco, capendo che ciò che conta davvero è sentirsi “autorizzati ad essere sé stessi” e che “va bene avere le proprie opinioni, va bene fare le cose a modo proprio, dovremmo essere orgogliosi di noi stessi”.
Come ti sei innamorata del mondo della moda?
È buffo perché da ragazza non mi interessava la moda, né badavo tanto al mio stile o mi facevo delle opinioni. Ero una ballerina, quindi la mia vita ruotava solo intorno alla danza. Probabilmente perché non sono cresciuta con i social media, dovevi comprare riviste e essere davvero coinvolto per interessarti a questa industria. Non direi che il mio amore per la moda è iniziato presto, non avevo nemmeno idea di chi fosse chi e quali riviste fossero importanti.
Anche durante i primi anni della mia carriera consideravo il mio lavoro una semplice opportunità, pensavo: “Proviamo e vediamo come va”. Lavoravo sodo, sapevo stare sulla passerella e davanti all’obiettivo, ma non mi sono davvero informata sull’industria fino a qualche anno dopo, quando ho pensato che forse quella sarebbe stata davvero la mia carriera; ho iniziato a pensare, “Forse mi piace, forse amo i vestiti, forse amo il trucco”. Quindi, non riesco a ricordare una data, un momento o un articolo che ho letto, ma è stato con il tempo che mi sono resa conto che questa sarebbe stata la mia nuova versione di “performance”, ed è la ragione per cui ho iniziato ad amare la moda.

Nella vita e nel lavoro, quando ti senti più creativa?
Di solito dipende dal team con cui lavoro. Puoi essere in una stanza piena di persone eppure passare una giornata noiosa, avere l’impressione che niente di veramente interessante stia accadendo e nessuno stia davvero cercando di fare il proprio lavoro correttamente. Altre volte entri in una stanza o in uno studio e pensi, “Wow, tutti sono così entusiasti, ognuno ha un punto di vista e siamo tutti pronti e ben disposti per fare questa cosa”. Quindi, onestamente, per me è importante lavorare con un team fantastico, e non conta che si tratti della rivista più famosa o più conosciuta al mondo; le persone che amano veramente quello che fanno solitamente sono quelle che realizzano i migliori shooting o persino sfilate di moda che abbia mai fatto.
Quando sono in un ambiente dove non c’è traccia di egocentrismo, dove nessuno pensa che il proprio punto di vista sia più importante di quello degli altri, ma dove tutti collettivamente fanno il loro lavoro in modo incredibile, capendo di aver bisogno l’uno dell’altro, sono di solito le occasioni in cui lavoro di più e voglio che tutto ciò che facciamo sia il miglior prodotto possibile.

Durante gli shooting, come si trasformano spazio e tempo? Ti senti trasformare tu stessa, in qualche modo?
Una cosa importante per la maggior parte delle modelle è fare un po’ di ricerche o compiti per capire come i fotografi amano scattare le foto, qual è la loro estetica, come gli piace creare immagini; quando arrivo sul set e c’è un tema o devo creare un personaggio, è importante saperlo in anticipo, penso, così sono leggermente preparata su chi dovrei essere in quel servizio perché non devo essere me stessa, sai? Di solito, quando fai un editoriale, non si tratta di te: indossi il trucco, i capelli, i vestiti, e devi essere qualcun altro. Quando un artista in generale sta facendo il proprio lavoro, e vale per chi sale sul palco e canta, o chi recita la scena di un film, sta interpretando un personaggio, e credo davvero che le modelle abbiano la stessa opportunità di essere creative e interpretare personaggi diversi, espressioni diverse.
Credo sia molto importante ascoltare anche il feedback del fotografo e chiedere se si sta facendo la cosa giusta, se è quello che cercano. Penso che oggigiorno, a causa dei social media e degli schermi che sono lì per farci vedere costantemente la nostra immagine, le persone perdano la voglia di provare nuove idee: se non gli piace subito il risultato, tornano a fare ciò che funziona di solito. Le modelle sui social media sono così nervose, hanno paura di sembrare sciocche, di non sembrare loro stesse, che non si assumono rischi e non colgono le opportunità come facevano prima. Quando i fotografi usavano la pellicola, non potevi vedere cosa stavano facendo, quindi correvi il rischio, e io credo di lavorare ancora in questo modo, in realtà: durante gli shooting, se le foto ti piacciono, ti piacciono, e se le detesti, le detesti e basta. Ho un’idea ben precisa di come mi piace che i fotografi scattino, ovvero facendo in modo che i miei valori morali rimangano intatti, ma per il resto, dipende da te, se ami le foto che fai, vai avanti perché è il tuo lavoro.

“Quando i fotografi usavano la pellicola, non potevi vedere cosa stavano facendo, quindi correvi il rischio, e io credo di lavorare ancora in questo modo, in realtà”

Come hai detto prima, interpreti diversi tipi di personaggi, e forse mi sbaglio, ma penso che mentre interpreti qualcun altro, scopri anche qualcosa di nuovo su te stessa. Qual è l’ultima cosa che hai scoperto su di te?
È una domanda fantastica. Mi viene in mente il mio modo di utilizzare le emozioni; le persone di solito dicono, “Ti esprimi così bene, interpreti le emozioni in modo diverso”, ma a volte non so se effettivamente provo quelle emozioni. Ricordo di aver fatto uno shooting più di un anno fa in cui il fotografo mi disse “Devi solo sembrare triste”; io chiesi “Vuoi che pianga?” e lui pensò che fosse una cosa strana da chiedere per una modella perché le modelle sembrano solo tristi e non versano davvero lacrime, ma io lo feci, piansi sul set. Le altre persone nella stanza dissero: “Non avevo mai visto una cosa del genere; non pensavo che potesse accadere”.
Penso che la maggior parte delle volte se dici “modelle” tutti hanno una certa aspettativa, ma io so come andare oltre; comunque, mi rendo conto che a volte può essere difficile, e quello è stato uno di quei momenti in cui c’erano certe aspettative ma io sapevo di poter dare di più. Effettivamente, il feedback che ho ricevuto quella volta è stato: “Perché tutte le modelle non lavorano in questo modo?”. Era un sentimento così genuino quello della tristezza e ho dovuto sentirmi così per l’intera giornata, piangere per tutto il giorno, ma sapevo che potevo farlo ed ero orgogliosa del feedback che avevo ricevuto, quindi quest’esperienza mi ha fatto capire che auto censurarmi non ha senso, cosa che non credo di fare durante gli shooting. Io posso essere molto più vulnerabile, pensare a molte più emozioni di quelle che vengono interpretate tipicamente, e che sono sempre “belle”. Quello shooting fu tutto lacrime e muco, eppure il risultato fu ottimo. Ripeto, non so se magari sia dipeso dalla potenza di un team visionario, ma è uno shooting a cui mi ritrovo ancora a pensare.


Hai lottato molto per rivoluzionare il mondo della moda, proteggendo anche le giovani modelle. Qual è il prossimo cambiamento che vorresti vedere o per cui vorresti lottare in questo momento?
È una domanda difficile. Vogliamo sempre fare meglio e a me personalmente piacerebbe che le giovani modelle si unissero, come vediamo gli attori unirsi ora per le proteste mirate a salvaguardare i loro diritti; le giovani modelle non hanno questo tipo di iniziativa, anche abbiamo cercato di alimentarla per anni, anche prima della mia generazione, e non è qualcosa che collettivamente cerchiamo di ottenere. Invece di essere una moda passeggera, vorrei che il nostro mondo fosse diversificato, che credessimo davvero nella diversità. Non è di certo un problema generale o generalizzabile, ma è interessante che se non ne parliamo, automaticamente non viene più considerato un problema. È un po’ frustrante che non impariamo dai nostri errori, a volte ne parliamo solo e poi passiamo molto rapidamente oltre, anche se è una generalizzazione dei meccanismi dell’industria. Non penso che le modelle abbiano bisogno di una maggiore protezione, è solo che come industria penso che potremmo fare molto meglio. Ora probabilmente daremo molte attenzioni all’industria cinematografica, giusto? Vedremo cosa accadrà con l’IA e come l’IA sarà sempre più presente, e quale sarà il futuro se non lavoriamo insieme ora. Chissà?
Personalmente, faccio del mio meglio per dare un contributo mettendo insieme le leggi con altre colleghe modelle, cercando modi per usare la mia voce, ma è stato solo quando ho iniziato a lavorare tête-à-tête con le modelle: il Coco Rocha Model Camp è al suo quinto anno, abbiamo formato oltre 4000 modelli, ed è bello vedere come pian piano lavorano collettivamente, da soli o insieme, per migliorare le proprie carriere, per proteggersi a vicenda, ed è una bellissima fratellanza/sorellanza che, anche se lentamente, perché 4000 sono tanti ma non sono tutti, è stata la soluzione migliore. Ho sentito agenzie dire che inizieranno a formare le loro modelle con una sorta di istruzione che prevede la comprensione di cosa significa essere una modella, ed è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno. Secondo me abbiamo bisogno di una maggiore comprensione di ciò di cui hanno bisogno le modelle in modo che possano avere carriere migliori, per aiutarci a vicenda, spero, per non avere un futuro in cui non esistiamo più. Ma tutte queste cose sono solo in sospeso, e stiamo cercando di capire cosa accadrà.
Sei una sostenitrice della diversità e della salute mentale, ho visto quello che hai fatto e penso che sia davvero incredibile. Hai rivoluzionato l’industria, credo. Pensi che dovrebbe esserci una connessione più forte tra moda e salute mentale?
Sì. Abbiamo una grande responsabilità nel garantire che ciò che vendiamo e la nostra interpretazione della bellezza non metta sotto pressione nessuno, che nessuno si senta così frustrato da ciò che vede da pensare che non potrà mai vivere quella esperienza o essere così. Quindi, sì, questo può influire sulla salute mentale delle persone. Può essere impegnativo, e se penso alla mia esperienza personale come modella, non si parlava di salute mentale fino a circa 8 anni fa; prima, piuttosto ci dicevano: “Sei fortunata ad avere questa carriera, quindi qualunque cosa tu stia affrontando, tirati su e vai avanti perché non capita tutti i giorni, non essere ingrata”. Ci sono sicuramente stati momenti difficili nella mia carriera, come per molte altre modelle, e sicuramente momenti bellissimi, ma la salute mentale non un argomento che affrontavo con la mia famiglia, o con i miei amici o nemmeno con le altre modelle – al massimo ci dicevano che eravamo tristi, ma non ne parlavamo apertamente come si fa oggi. Questa industria è un po’ una fantasia, e a volte le persone scambiano la fantasia per realtà (i social fanno la stessa cosa), quindi abbiamo sicuramente la responsabilità di assicurarci che le persone non oltrepassino quella linea e pensino che questa sia la vita vera e che devono essere così o niente.
Mio marito e io lavoriamo insieme in questa industria e abbiamo delle regole, ad esempio non parliamo del nostro corpo in modo negativo, e se parliamo dell’estetica e dell’aspetto delle persone, non lo facciamo in modo negativo, non usiamo la parola “brutto”, non ci è permesso usare la parola “grassa”, troviamo parole migliori, più riflessive per descrivere le cose. Abbiamo tre figli e non voglio che pensino che mamma e papà si preoccupino così tanto della bellezza esteriore perché ciò che mi interessa davvero è l’arte della moda e che l’industria sia piena di persone creative, e voglio che i miei figli lo sappiano. E so che, proprio come i miei figli, ci sono altri bambini e altre persone che si chiedono cosa rappresenti davvero l’industria.

Cosa significa per te sentirsi al sicuro?
È quando la mia voce viene ascoltata, quando le mie opinioni contano. Penso che alcune persone abbiano mal interpretato l’idea che una modella sia una tela; l’idea è che se sei la tela, permetti alle persone di dipingere quello che vogliono su di te, e vai avanti, lo permetti perché pensi che non sei tu, ma stai interpretando un personaggio, come ho detto prima. In teoria, però, è ovvio che sono io, qualunque cosa mi ci mettano sopra, sono comunque io che rappresento il soggetto del servizio fotografico, qualunque foto venga fatta, c’è il mio nome sopra. Ripeto, vengo da una generazione in cui le modelle non avevano un’opinione, non avevano voce in capitolo, e permettevano qualsiasi cosa dal punto di vista creativo, anche se non erano d’accordo; ora, invece, la tua voce conta, le tue opinioni contano e sei libero di esprimerti. Quindi, molte modelle appartenenti a quelle generazioni hanno ancora difficoltà a esprimere i loro sentimenti perché sono state “addestrate” più e più volte con l’idea che non è così che funziona. Personalmente, c’erano servizi fotografici che facevo in cui mi sentivo molto a disagio e dicevo: “O lo faccio a modo mio o non lo faccio affatto”. Quindi, mi sono sempre sentita al sicuro quando le persone mi dicevano: “Certo, puoi farlo a modo tuo, ci hai permesso di creare così tanto su di te, certo che hai la libertà di esprimere cosa vuoi e cosa non vuoi”. E non è mai questione di “non mi piace il rossetto rosso o il vestito blu”, si tratta dei valori in cui credo: se oltrepassi quella linea, allora non mi sento al sicuro, ma se rispetti quella linea, sono entusiasta di lavorare anche più volte.
Viaggi molto per lavoro, ma cosa significa “casa” per te?
La mia casa è dove ci sono i miei figli.
Non ho bisogno di essere nel “luogo fisico” chiamato casa se loro viaggiano con me, mi basta essere con loro. È frustrante perché i miei due figli più grandi ora vanno a scuola, quindi quest’anno non siamo riusciti a viaggiare insieme ed è stata dura per me. Ma finché sono con me, casa è dove siamo insieme. Forse è perché all’inizio come modella mi sentivo un po’ sola, ma puoi chiedere a chiunque nel campo, quando le persone dicono che vorrebbero avere la nostra vita e la nostra carriera, devi sempre rispondere che è una carriera molto solitaria, anche se sei in una stanza piena di persone che ti lodano, che ti dicono che sei fantastica, sei comunque piuttosto sola. Quindi, è incredibile che non mi senta più sola perché mi sono circondata di famiglia e amici: quando viaggio, loro sono casa.
Come hai affrontato la solitudine, all’inizio della tua carriera? Come l’hai superata?
Il momento in cui smetti di sentirti in quel modo non arriva con l’età, e nemmeno con una lunga carriera. Personalmente, ha smesso di essere un problema quando ho iniziato a frequentare l’uomo che ora è mio marito e a non concentrarmi solo sulla carriera. Ho iniziato un nuovo capitolo in cui mi concentravo su una relazione, ed è stato un punto di svolta per me, aiutandomi a non sentirmi mai più sola. C’è stata una modella in particolare che è venuta al Model Camp per parlare della sua esperienza, ed è una persona molto conosciuta e rispettata, tante modelle aspirano ad avere una carriera come la sua; ha detto: “Sai da cosa non riesco a liberarmi ancora oggi? Sono così sola, e vorrei solo che questa sensazione andasse via”. Quindi, significa che anche con una carriera del genere, quel sentimento non può andarsene a meno che tu non dia priorità a ciò che è più importante.
Per molte giovani modelle, la cosa più importante è la carriera, e lo capisco, ma si arriva a un punto in cui la sola carriera non sarà più appagante. Io mi sono sentita davvero appagata quando ho iniziato a dare priorità alle mie relazioni, e ovviamente una volta che ho avuto i bambini, loro sono diventati la priorità numero uno. Sono più stanca ma più felice di essere madre e moglie, posso viaggiare quanto mi serve, ma finché sono con me, e non provo più quei sentimenti.
“Io mi sono sentita davvero appagata quando ho iniziato a dare priorità alle mie relazioni”

Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto?
Partorire[ride].
Ho fatto un parto naturale, quindi penso di essere stata un supereroe. Sono una di quelle donne che pensa di aver fatto tante cose fighe nella vita e poi ha un figlio e non riesce a credere che il proprio corpo abbia fatto qualcosa di così incredibile. Forse è una risposta noiosa, ma sinceramente non potevo credere a quello che il mio corpo era stato in grado di fare, e ho avuto la fortuna di farlo tre volte. È buffo perché quando ero incinta del mio secondo e terzo figlio, ero molto spaventata: con il primo, non sai quello che ti aspetta, ma dopo, anche se diventi una professionista, il parto ti spaventa lo stesso. Comunque, sono una di quelle persone che vuole arrivare alla parte spaventosa dell’esperienza in modo da poter dire di averla superata. Personalmente, volevo avere la soddisfazione di aver fatto il parto naturale, non volevo nessuna medicina, volevo farlo in quel modo per ragioni personali, e l’ho fatto. Ho fatto qualcosa di spaventoso, ma quante altre donne l’hanno fatto? Tante, e ogni volta che una cosa mi sembra impegnativa, guardo quante altre persone l’hanno fatta e mi convinco che anche io posso esserne capace; è lo stesso quando si tratta della mia carriera e di qualsiasi cosa faccia, in realtà.

Come vivi il tuo rapporto con il tuo corpo e come è cambiato nel tempo?
La me di prima, appena prima di iniziare a fare la modella, non ci pensava perché ero solo concentrata sulla danza. Il ballo non ha a che fare tanto con il tuo corpo, quanto sulla tua tecnica. Poi sono entrata in un’industria in cui la gente ti dice che sei bella, alta, magra, stupenda, e pensi: “Wow, è bello sentirsi dire cose del genere”. Tuttavia, sentire cose diverse in seguito, come “Stai prendendo peso, non sei più com’eri un tempo, devi fare meglio”, è stato probabilmente il momento in cui ho iniziato a notare il mio corpo e qualsiasi cosa che fosse imperfetta agli occhi degli altri, quando la gente faceva osservazioni. Quello è stato probabilmente il momento più triste della mia carriera, perché io sono una “people pleaser”, e anche allora volevo piacere a tutti, così ho iniziato ad andare in palestra, a mangiare in modo diverso, a contare le calorie, ad allenarmi con un personal trainer; facevo tutto quello che mi dicevano per assicurarmi di essere la versione migliore per chiunque e per l’industria. Ma quello che stavo facendo non era bello e non piaceva nemmeno a me, sono sicura.
In seguito, ho iniziato a frequentare un ragazzo e conoscere il punto di vista di un estraneo che mi diceva: “Sei stupenda, non capisco cosa tu stia cercando e perché ti preoccupi così tanto, sei abbastanza”, e può suonare come una commedia romantica o un romanzo sdolcinato, ma è sicuramente qualcosa che avevo bisogno di sentire. Non andava bene che la gente mi dicesse certe cose e dopo essermene resa conto, ho smesso di preoccuparmi così tanto, e non penso di aver vissuto un momento del genere mai più, posso dire al 100% che per 14 anni non mi sono mai più preoccupata di “entrare nei vestiti” e cose del genere. Ora, probabilmente mi sentirò dire che sono troppo vecchia, ma non è qualcosa che posso risolvere, giusto? Non posso cambiare la mia età. Dobbiamo accettare chi siamo ed essere fieri di chi siamo. Va bene desiderare che alcune cose siano diverse, ma lamentarsi di sé stessi è sbagliato, e io non voglio sentire i miei figli lamentarsi di come sono fatti, quindi sono la prima a dare l’esempio. Non ho più tempo per cose del genere, ma chi ce l’ha d’altra parte? Ci sono così tante cose divertenti ed emozionanti da fare al di là del lavoro. Ma conosco troppe modelle, giovani, della mia generazione e più anziane, che si concentrano ancora fin troppo sulla forma del loro corpo e sul loro aspetto esteriore, ed è la cosa più triste da vedere perché riuscire a non farlo è il superpotere di cui tutti abbiamo bisogno. Al Model Camp è questo che insegniamo, non solo come si diventa modelle e modelli: le persone se ne vanno il quarto giorno sentendosi veramente diverse. Quello che di solito dico ai ragazzi è: “Quello che ti serve è un po’ più di fiducia, sapere che ti è permesso essere te stesso, che va bene avere le tue opinioni ed esprimere, va bene fare le cose a modo tuo, dovresti essere fiero di te“.
Con quel mantra, la maggior parte delle persone si sente molto meglio, ed è l’obiettivo del Model Camp, far sentire un po’ meglio le persone, farle sentire un po’ più sagge e imparare un po’ di pose sulla passerella, ma l’obiettivo ultimo è far sentire tutti bene con sé stessi.


Quello che stai dicendo fa sentire meglio anche me, e io non sono una modella: penso che se ci fossero più persone che la pensano come te, il mondo sarebbe un posto migliore. Ognuno ha le proprie difficoltà con cui fare i conti, io per esempio, sono cresciuta identificandomi con qualcosa che non è reale, perché sono sempre stata innamorata del mondo della moda e del beauty. Ora, che ci lavoro in queste realtà, mi impegno a parlare di salute mentale il più possibile, a parlare di ciò che conta davvero, e penso che ciò che stai dicendo sia davvero importante, non solo dal punto di vista di una modella, ma come essere umano.
Grazie.
Quello che insegno è un percorso di vita di cui alcuni hanno saltato alcune tappe da bambini, hanno saltato alcuni capitoli da qualche parte, e ora se ne stanno ricordando. Sono le esperienze personali che tengono in piedi il mio corso: se io avessi avuto una carriera perfetta o non avessi commesso mai errori, se non avessi mai avuto degli scivoloni nella mia carriera, non ci sarebbe mai stato nessun Model Camp. Ripenso ai momenti brutti della mia vita e penso che se non ci fossero mai stati, non sarei qui ad aiutare le altre modelle e persone del settore. L’industria deve riflettere su come può aiutare la generazione futura, o meglio, la nuova industria. Potremmo continuare a fare copia e incolla, potremmo continuare a fare le cose in modo tradizionale, oppure potremmo iniziare da subito e, come ci piace dire, rilanciare l’industria, ripensare a come potremmo renderla un’industria migliore.

“se non avessi mai avuto degli scivoloni nella mia carriera, non ci sarebbe mai stato nessun Model Camp“

Qual è il tuo posto felice?
Ripenso alla mia carriera – sono ormai 20 anni che faccio la modella – e ho solo 35 anni, che penso siano pochi, ma essendo già sposata da così tanto tempo, avendo figli, mi rendo conto che di tutte le copertine su cui sono comparsa e le sfilate che ho fatto, non ce n’è stata nessuna che non mi abbia resa felice, però la parte migliore sono sempre i rapporti che ho instaurato. Quando entro in una stanza e ritrovo un mio caro amico che ho conosciuto tempi addietro, o vedo i miei figli crescere sereni proprio perché hanno la fortuna di vivere questa vita che abbiamo costruito per loro, questo è il mio posto felice. Sono le persone di cui mi circondo: amo ridere, amo divertirmi, e penso che il mio prossimo capitolo riguarderà esclusivamente la mia famiglia. Stiamo costruendo una casa, e questa casa è dove spero che i nostri figli portino i loro amici, e possiamo raccogliere i ricordi più belli, e spero che queste piccole persone che abbiamo creato e sono così speciali continuino a essere umani fiduciosi con lo stesso scopo che vorrei acquistassero le persone del settore moda: questo è il mio posto felice, quando vedo che i miei figli tornano a casa e dicono che hanno affrontato il bullo di turno, o che sono saliti sul palco e hanno recitato davanti ad un pubblico, o sono riusciti a suonare uno strumento… Mi rende felice che stiano superando degli ostacoli che forse la piccola me non avrebbe mai pensato di poter superare.
Non si dovrebbe vivere attraverso la vita dei propri figli, ma sono in una fase della mia vita in cui sono così felice quando vedo che se la cavano bene, e che io e mio marito siamo in grado di esserci per loro e sostenerli.
Photos by Johnny Carrano.
Makeup by Loris Rocchi.
Total Look: Loro Piana.
Thanks to Women Management Milano.
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