Presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia, “Ammazzare stanca” di Daniele Vicari porta sullo schermo una storia intensa e dolorosa che affonda le radici nella Calabria degli anni ’70, tra la violenza della ’ndrangheta e il desiderio di libertà individuale. Dentro questo scenario cupo e realistico, Selene Caramazza interpreta Angela: una donna che resiste, che ama e che osserva con una lucidità silenziosa, diventando il contrappunto luminoso di un racconto di colpa, redenzione e ribellione.
Parlando del suo personaggio e del film, Selene apre una finestra sul suo modo di abitare i personaggi: con istinto, lucidità e delicatezza, restituendo l’immagine di un’artista che sa farsi specchio delle emozioni più profonde.

Qual è il tuo primo ricordo legato al cinema?
Il mio primo ricordo legato al cinema è stato entrare in una sala buia da bambina: mi ricordo il silenzio improvviso, lo schermo che si accendeva e l’impressione che tutto fosse più grande di me. È stato lì che ho capito che il cinema aveva il potere di portarti altrove.


Il tuo personaggio in “Ammazzare stanca”, Angela, non è(esplicitamente) nell’autobiografia da cui è tratto il film. Qual è stata la tua prima impressione scoprendola in sceneggiatura, e cosa ti ha affascinato del trasportarla sullo schermo?
Angela mi ha colpita per la sua forza silenziosa. È una donna libera e indipendente, molto avanti per i suoi tempi: agisce, sceglie, resiste. In quel mix di forza, fragilità e libertà ho trovato la sfida e la bellezza di interpretarla.

“agisce, sceglie, resiste”

“Ammazzare stanca” è la storia un uomo che da carnefice diventa consapevole del peso del proprio gesto. Angela è la compagna di Antonio e vive in quest’orizzonte oscuro e carico di tensione: come ti sei preparata emotivamente per rendere credibile quella relazione nel quadro della violenza che lo caratterizza?
Ho cercato la zona grigia, quella in cui l’amore si confonde con la paura. È lì che Angela abita: in un sentimento che non si spiega ma che resiste, anche quando tutto intorno si sgretola.
La loro storia d’amore doveva rappresentare la purezza: è l’elemento più puro del film e porta con sé un senso di speranza. Per questo ho lavorato mettendo da parte la logica e la razionalità, lasciandomi guidare dall’istinto, da quel senso di protezione quasi animale che spinge Angela a prendersi cura di Antonio e a vivere questo amore, nonostante il contesto in cui si trovano.


Hai lavorato molto sulla chimica con Gabriel Montesi (Antonio) e con Vinicio Marchioni (il padre di Antonio, Giacomo)? C’è stato un momento particolare in cui hai sentito che quella connessione segnava un cambio di percezione, anche interiore, per Angela?
Ho avuto molto tempo per lavorare con Gabriel: ci siamo visti spesso prima delle riprese, provando tanto per rendere credibile questa storia d’amore a cui Daniele Vicari teneva moltissimo. Dovevamo trovare una connessione, una leggerezza, persino un’ironia, e con Gabriel è stato naturale: è un attore bravissimo, dotato di grande sensibilità, e condividiamo un approccio simile al lavoro. Sul set eravamo già sulla stessa frequenza: bastava guardarci per capire la direzione, e spesso è stato proprio lì che sono nate le sorprese più belle, lasciando fluire i personaggi.
Ricordo una scena che era stata scritta e preparata in un certo modo, ma durante le riprese si è ribaltata completamente perché abbiamo seguito l’istinto dei personaggi. Con Vinicio, invece, era giusto mantenere una certa distanza, perché nel film il rapporto tra Angela e Giacomo è segnato dalla diffidenza: abbiamo lavorato proprio su questo, eppure è bastato poco per entrare in ascolto, perché Vinicio è un attore generoso, con cui la connessione scatta subito.


“Dovevamo trovare una connessione, una leggerezza, persino un’ironia”


Il film è girato tra la Calabria e l’Emilia-Romagna, e tratta la ‘ndrangheta nei primi anni ’70: come hai vissuto l’ambiente di quei luoghi e di quegli anni durante le riprese?
I luoghi ti entrano addosso. Quelle case, quei paesaggi e gli abiti restituivano un senso di realtà. Isolarsi in questi posti è stato importante perché solo vivendoli riesci a percepire delle determinate cose.


“L’idea di voler ammazzare qualcuno è brutta” è una battuta abbastanza rappresentativa del tuo personaggio. Che cosa speri che il pubblico percepisca guardando questo film, tra la tragedia, la voglia di redenzione e l’ironia che Vicari vuole esplorare?
Che non c’è mai solo buio. Anche nei momenti più neri esiste una scintilla che apre uno spiraglio. Vorrei che il pubblico sentisse quella crepa e ci vedesse dentro la possibilità di cambiamento. È un film sulla ribellione e libertà di chi si sente fuori posto.
C’è una scena, un dettaglio, un gesto di Angela che rappresenta per te, nella quotidianità del personaggio, un atto di ribellione o di umanità contro un destino già scritto?
Per me è lo sguardo. Angela non urla, non scappa, ma osserva con una lucidità che è già resistenza. Ha una consapevolezza di quello che vuole, e questo lo dimostra nei silenzi, nello stare vicino ad Antonio scuotendolo e proteggendolo.
“…non c’è mai solo buio. Anche nei momenti più neri esiste una scintilla che apre uno spiraglio.”

E il tuo atto di ribellione più grande qual è stato?
Scegliere di fare questo mestiere. Venendo da una realtà dove non era un percorso scontato, ho dovuto andare contro aspettative e paure.
Qual è invece la tua più grande paura?
La paura di non avere più la curiosità. Senza curiosità credo che tutto si fermi.


Ti senti più a tuo agio nell’interpretare ruoli vicini alla tua sensibilità o nel perderti in personaggi lontani da te?
Dipende. Nei ruoli vicini a me ritrovo frammenti che conosco, ma è quando interpreto personaggi lontani che mi sento davvero sfidata. Ho la possibilità di perdermi, di scoprire lati che non conosco. Ed è proprio questo perdersi che rende tutto più vivo perché mi porta sempre ad arricchirmi interiormente. È come fare analisi attraverso i personaggi e le storie che racconti.
L’ultimo film o l’ultima serie tv che hai visto e che ti ha particolarmente colpito?
Guarda, di recente ho visto durante un viaggio in treno “Past Lives” che avevo perso. Mi ha travolta per la delicatezza con cui racconta il tempo, l’amore e le scelte che ci segnano. È un film intimo, poetico, che riesce a parlare di sentimenti con una semplicità rara.


In cosa ti senti più vulnerabile e come trasformi quella vulnerabilità in forza?
La mia vulnerabilità sta nella paura di non essere abbastanza. Col tempo ho capito che quella paura è anche energia, così la trasformo in ascolto, in attenzione, in desiderio di andare più a fondo. È un motore che mi spinge a non fermarmi mai.
Recitare, secondo me, spesso ti mette a confronto con lati inesplorati dell’essere umano e, di conseguenza, aiuta a conoscere meglio anche te stesso. Qual è l’ultima cosa che hai scoperto su te stessa grazie al tuo lavoro?
Che posso abitare anche spazi che credevo non mi appartenessero.
La recitazione ti porta a scoprire lati di te che non pensavi di avere, e ogni volta è come spostare un confine interiore. Ho scoperto una forza interiore che non pensavo di avere. A volte, attraversando personaggi complessi o situazioni difficili, ti accorgi che dentro di te c’è molto più coraggio e resistenza di quanto immagini.

“La recitazione ti porta a scoprire lati di te che non pensavi di avere, e ogni volta è come spostare un confine interiore.”

Cosa vorresti guardare fuori dalla finestra adesso e per sempre?
Vorrei vedere il mare, perché cambia continuamente e non stanca mai. In fondo è quello che cerco anche nella vita: un orizzonte in movimento, capace di sorprendermi ogni volta.
Cosa significa per te sentirsi a proprio agio nella propria pelle?
Sentirsi a proprio agio nella propria pelle significa smettere di chiedere il permesso di essere sé stessi. Significa accogliersi, senza rincorrere ideali o maschere. È la libertà di abitare sé stessi, con le fragilità e la forza che ci appartengono.
Qual è la tua “isola felice”?
La mia isola felice è il mare, perché mi restituisce respiro, e il set, quando attraverso i personaggi riesco a perdermi e ritrovarmi. Sono due luoghi diversi ma con la stessa magia: entrambi mi fanno sentire libera e al posto giusto.

Photos by Johnny Carrano.
Makeup by Giovanni Pirri @ Simone Belli Team.
Hair by Vincenzo Panico.
Styling by Sara Castelli Gattinara.
Total Look: Emporio Armani.
Thanks to Other Srl.
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