C’è qualcosa di speciale in Ginevra Francesconi: una sincerità rara, quella che passa prima dallo sguardo e poi dalle parole. L’abbiamo incontrata, fotografata e, successivamente intervistata in un periodo particolare della sua carriera, quello del film dell’età adulta: “Una Figlia”, di Ivano De Matteo. Ginevra è la protagonista della nostra Cover di maggio e del film, in cui interpreta Sofia, una ragazza in bilico tra dolore e desiderio di riscatto. Durante la nostra telefonata, mi ha raccontato con naturalezza e lucidità il percorso che l’ha portata a interpretare un personaggio complesso e sfaccettato, ma anche cosa significa per lei crescere nel cinema, tra ruoli sempre diversi e nuove consapevolezze. Ginevra mi ha parlato del set, della famiglia, del verde che le fa bene, di ciò che la fa sentire al sicuro – e lo ha fatto con quel tono autentico e riflessivo che la contraddistingue.
Quest’intervista è stata un’occasione per conoscerla la versione più autentica di Ginevra, dentro e fuori dal set.
Cos’è che ti ha fatto innamorare del cinema al punto da farne una carriera?
È stato un innamoramento molto lento, molto organico, forse proprio perché ho iniziato per gioco. È questo tipo di primo approccio che mi ha fatto amare questo mestiere, probabilmente, perché l’ho sempre vissuto come puro divertimento, passione, gioco. Tuttora lo vivo un po’ così. Chiaramente col tempo si cresce e si percepiscono le cose con un peso più importante, ma alla fine la base rimane quella.
Invece parliamo di “Una figlia”. Il tuo personaggio è sfaccettato, complesso: Sofia è una ragazza segnata da un rapporto simbiotico con suo padre e da una reazione “negativa” alla sua nuova relazione. Come ti sei preparata per interpretare un ruolo così intenso?
Spesso per ruoli così delicati e difficili si fanno molte prove. Ecco, Ivano [De Matteo], in questo è stato fondamentale proprio perché prima di iniziare le riprese mi ha fatto fare tante prove con Thoni, Stefano [Accorsi], Michela [Cescon], per conoscerci innanzitutto, ascoltarci, osservarci e poi per “giocare”. Abbiamo studiato le scene, le abbiamo provate per arrivare sul set pronti, anche a livello tecnico, dato che questo film è stato girato in pellicola.
Poi anche la musica mi ha aiutata molto, insieme al regista, a cui mi sono affidata completamente: Ivano è incredibile perché ti porta esattamente dove vuole lui, nel senso che riesce a trasmettere in modo molto chiaro quello che ha in testa, rendendo “facile” il lavoro.

E che cosa ti ha attratta subito del personaggio di Sofia quando avevi il copione tra le mani?
Innanzitutto, mi ha incuriosito il fatto che Sofia è una “persona normale”: nonostante il trauma della morte della mamma, non è una ragazza problematica; mi ha attratta, poi, il processo psicologico che riguarda l’affrontare il trauma di una ragazza che è quasi simile a me. L’elaborazione del trauma consiste, nel suo caso, in un reprimere continuo di alcune sue sensazioni nei confronti della nuova compagna del padre.
Poi mi incuriosiva anche molto la prospettiva di esplorare un ambiente che io non conoscevo, ovvero il carcere, la vita in comunità, di cui effettivamente sapevo ben poco. Ho imparato molto anche prima di arrivare sul set, e ancor prima di studiare, grazie a tutte le conoscenze che ho avuto l’onore di fare per questo film, tra assistenti sociali, educatori, avvocati e ragazzi che hanno avuto percorsi simili in carcere.
Nel film, Sofia esprime emozioni forti come rabbia, gelosia e dolore. Quali sono state le sfide principali nell’affrontare queste sfumature emotive?
Le sfide principali sono state le scene del carcere. Sai, nella prima fase del film Sofia affronta emozioni che è più facile per chiunque trovare dentro di sé, a partire dalla propria esperienza personale, perché sono emozioni quotidiane; le emozioni, invece, che ho dovuto cercare e scoprire sono quelle che Sofia prova nella seconda fase del film, quella ambientata nel carcere minorile. La parte del processo, in particolare, è stata l’inizio di tutte le scene più forti.
Capisco, e me ne vengono in mente tantissime altre di quella seconda metà del film…
Sì, decisamente, però ho ascoltato i consigli di chi ne sapeva più di me e spero di aver reso tutto il più realistico possibile.

“Il trauma di una ragazza che è quasi simile a me”

Senza dubbio. Ecco, appunto, questa storia sicuramente non dà risposte semplici, ma ci invita a riflettere su alcune questioni, morali soprattutto. Come pensi reagiranno gli spettatori alla storia di questo personaggio? Con empatia, con giudizio, con comprensione?
Parlandoti da spettatrice, la prima volta che ho visto il film, ho guardato la storia da punti di vista nuovi, diversi rispetto a quando giravo. Sicuramente, ciò che da spettatrice mi ha colpito è che non emerge effettivamente giudizio nei confronti di questo personaggio: anche a livello di scrittura non c’è spazio per il giudizio, Sofia resta comunque una vittima.
Di spunti di riflessione effettivamente ce ne sono tantissimi, il rapporto padre-figlia, l’elaborazione di un trauma, il sentirsi soli in diverse occasioni. Il mio personaggio si sente distante dal padre proprio a causa di questa terza persona che si inserisce nella loro quotidianità, ovvero la compagna di lui; quindi, si sente sola nella sua adolescenza, così come si sente sola all’interno del carcere.
Chiaramente poi anche lei trova diversi modi di ammutolire quella solitudine e trovare la luce.

E c’è qualcosa che tu e Sofia avete in comune? In che modo, avvicinandola un po’ di più a te stessa, sei riuscita ad umanizzare il suo comportamento agli occhi del pubblico?
Condividiamo un aspetto caratteriale che, per quanto mi riguarda, emergeva soprattutto quando ero più piccola, intorno ai 16-17 anni, che è poi l’età del personaggio. A quei tempi, io reagivo alle cose in maniera molto diversa rispetto ad ora, reprimevo i miei sentimenti in maniera molto più grave, e questo aspetto della mia personalità l’ho riscontrato in Sofia. La sua reazione agli eventi è molto poco istintiva, anche lei reprime le proprie sensazioni ed emozioni, per poi chiaramente esplodere nel modo peggiore di tutti.
Io ero una ragazza molto riservata, dal canto mio, per questo molto chiusa, poi chiaramente superati gli anni dell’adolescenza è cambiato quasi tutto: ora sono diventata più brava ad esprimere le mie emozioni, anche quelle più profonde. Ma per interpretare Sofia, ho ripescato quella fase della mia adolescenza.

A me ha colpito molto la sequenza girata in carcere di cui parlavamo prima, in particolar modo la reazione di Sofia agli eventi che si susseguono all’improvviso, e all’inevitabilità delle conseguenze. C’è una scena particolarmente forte o difficile che ha colpito te durante le riprese? Come l’hai affrontata, a livello personale e professionale?
Le scene che mi hanno segnata di più in assoluto sono quelle delle perquisizioni, sia a livello emotivo, sia attoriale. Per girare quelle parti, ho ricercato l’aiuto e la consulenza di assistenti sociali, ragazzi che hanno vissuto davvero quell’esperienza, e in qualche modo mi sono sentita per la prima volta vicina in modo viscerale e totale a quel mondo. Ho empatizzato in modo più profondo con quello che una ragazza che subisce quel tipo percorso possa provare. Dopo aver girato quelle scene, mi sono sentita “libera”.
Però probabilmente è stato utile l’imbarazzo che devi aver provato in quei momenti per restituire l’imbarazzo che sicuramente anche Sofia stava provando: entrambe spogliate di qualsiasi cosa.
Sicuramente. Per quello mi sono sentita veramente in totale allineamento con il mio personaggio.

Il film, come dicevamo, solleva domande profonde sul perdono e sulla complessità dei legami familiari. Qual è il messaggio principale che speri il pubblico porti con sé dopo la visione?
Il messaggio principale forse è proprio quanto le persone che finiscono in quel tipo di ambienti come il carcere minorile, la comunità, in realtà abbiano background diversi, e quanto tutto sia relativo, spesso anche in contesti normali e privilegiati che derivano da quel tipo di contesto.
Quindi la riflessione che la storia suggerisce riguarda l’attenzione a non pregiudicare le persone e, chiaramente, il meccanismo del perdono, che è giudicabile in maniera soggettiva. Questo film, infatti, lascia molto spazio poi ad ognuno di formarsi la propria opinione.
E se potessi, idealmente, parlare direttamente con Sofia, che cosa le diresti?
Forse la abbraccerei semplicemente, e le direi che mi dispiace per tutto, per quello che non è riuscita ad esternare.

“La riflessione che la storia suggerisce riguarda l’attenzione a non pregiudicare le persone e, chiaramente, il meccanismo del perdono, che è giudicabile in maniera soggettiva”

Sei giovanissima, e hai già interpretato ruoli significativi in film e cortometraggi. In che modo “Una Figlia” rappresenta un’evoluzione nel tuo percorso artistico?
Ho avuto la fortuna di crescere insieme ai miei personaggi, e spero di andare avanti così. Sicuramente, “Una figlia” è un progetto che fatto con più consapevolezza per cui, in qualche modo, lo reputo un progetto “da adulta”, anche perché ho dato più peso ad un certo tipo di ricerche e di studi propedeutici per il ruolo che ho interpretato. Quindi, per questo sicuramente è un progetto con un peso emotivo molto grande per me. Anche se effettivamente ho questa sensazione più o meno ogni volta che faccio qualcosa di nuovo.
Questo film, comunque, mi ha dato una sensazione di soddisfazione senza paragoni. Non vedo l’ora di rivederlo.
A proposito di film che ti rimangono nel cuore, qual è l’ultimo film o l’ultima serie che hai visto e che ti è rimasta dentro?
Una serie in cui si parla un po’ della stessa materia, ovvero “Adolescence”.
Hanno fatto un lavoro magistrale, io sono rimasta davvero senza parole in moltissimi punti della serie. Ero perennemente con il fiato sospeso, mentre la guardavo, e una volta finita, ci ho ripensato per molto tempo, mi ha toccata molto.

E cosa ti attrae e cosa, dall’altra parte, ti spaventa del set?
Mi piace da impazzire la non abitudinarietà del set, nel senso che lì è sempre tutto diverso, dalle scene, alle persone, agli orari. Poi, a livello tecnico, amo tutto quello che si impara ogni volta, con dei nuovi personaggi e delle nuove storie. Nel caso di “Una figlia”, come dicevamo, ho imparato moltissime cose di un mondo che non conoscevo per niente.
Invece del set mi spaventa… l’idea che un’arma a doppio taglio sia proprio l’assenza di routine di cui parlavo prima. Mi spaventa quello che mi attrae, ovvero il non avere una routine. A parte questo, però, per me ormai il set è davvero una comfort zone, prendo tutto, anche le cose che possono sembrarmi più difficili, come una sfida personale, come gradini, step in più di una scala di cui voglio raggiungere la cima.
Forse alla fine dei conti non mi spaventa nulla.

Prima, quando mi parlavi della tua preparazione del personaggio, dicevi che ascoltavi musica. Mi ricollego chiedendoti qual è, se c’è, una canzone o un disco che rappresenta questo momento della tua vita.
Cambio veramente ogni giorno, ma in generale ti direi che è sempre la Bossa Nova, o il cantautorato indie. Uno dei miei musicisti preferiti è Cosmo, mi piace da tantissimo tempo e continuo ad ascoltarlo, ho visto mille suoi concerti.

Cosa o chi ti fa sentire al sicuro e cosa o chi ti fa sentire sicura di te?
Mi fa sentire al sicuro la mia famiglia: mia mamma, mio papà e mia sorella. Loro sono le tre persone che chiamo per prime per qualsiasi tipo di consiglio e di supporto morale. Loro sono, in tutti i sensi, la mia certezza e mi danno certezze, ed è una grande fortuna, mi rendo conto.
E poi chi mi fa sentire sicura di me? Ti direi le persone che mi vogliono bene, i miei amici, anche qui la mia famiglia. Poi, sto lavorando molto su me stessa, quindi in una piccola parte anche proprio io. Mi do delle sicurezze, ed a volte è importante ricordarlo.

“Mi do delle sicurezze, e a volte è importante ricordarlo”
Assolutamente, noi siamo le prime e forse uniche persone su cui potremo contare per sempre. E invece, di cosa hai paura?
L’idea di crescere e di perdere gli affetti a causa del tempo che corre. Ho paura del tempo che non riesco a gestire.
Qual è per te il panorama più bello di tutti?
Per me il panorama più bello di tutti è quello che si vede da casa dei miei, dal posto dove sono cresciuta, in mezzo alle colline, nel verde più totale, con le pecorelle che belano. Lì a Sora, in provincia di Frosinone, appena posso torno, e ci torno, chiaramente, con una consapevolezza maggiore rispetto a quella che avevo prima di trasferirmi a Roma. Insomma, di panorami incredibili ne vedo tanti, ma quello emotivamente più bello per me è ciò che vedo dalla finestra di casa mia.

Ti definiresti un animale notturno o una mattiniera? Qual è il tuo momento preferito della giornata?
Mi piacerebbe tanto essere una mattiniera, ma soffro di insonnia, quindi vado sempre a dormire tardi e di conseguenza tendo a svegliarmi tardi al mattino. Quindi mi sa che sono un animale notturno. Però sono molto contenta quando per qualche motivo mi addormento presto e mi sveglio prestissimo, e scopro che la giornata in realtà è il doppio più lunga! [ride]
Il mio momento preferito è tra il tramonto e la sera, forse perché durante il giorno ho la testa che viaggia come un treno, mentre la sera mi fermo un attimo in più e affronto i pensieri, quelli più personali.

“La sera mi fermo un attimo in più e affronto i pensieri, quelli più personali”

E qual è quel dettaglio che rende la tua giornata “perfetta”?
Il verde. Per esempio, se sono a Roma e ad un certo punto vado in un parco, questo dettaglio mi migliora la giornata. È essenziale che ci sia una parentesi di verde perché io sia felice, forse anche perché sono cresciuta nel verde e quindi ancora oggi ne sento il bisogno per stare bene.

Cos’è, per te, casa?
Ovunque, nel verde, con le persone a cui voglio bene: la mia famiglia, i miei amici, gli affetti intramontabili che mi fanno sentire al sicuro.

Photos & Video by Johnny Carrano.
Makeup by Sofia Caspani.
Hair by Camilla Oldani.
Styling by Sofia Spini.
Assistants styling: Giorgia Calia e Francesca Latini.
Thanks to Giuseppe Corallo.
LOOK 1
Blouse: La double J
Fake Fur: Krizia
LOOK 2
Stylist’s Archive
LOOK 3
Stylist’s Archive
LOOK 4
Dress: HUI MILANO
What do you think?