C’è un’isola, avvolta nella nebbia e fuori dal tempo, dove ogni incontro ha il potere di trasformare chi lo vive.
“L’isola degli idealisti”, il nuovo film di Elisabetta Sgarbi, è una riflessione sospesa tra realtà e immaginazione, tra ordine e disobbedienza, tra le regole del mondo e quelle dei sentimenti. In questo universo rarefatto e inquieto, Elena Radonicich interpreta Beatrice Navi, una giovane ladra in fuga, ma anche anima errante e impertinente, pronta a scardinare ogni equilibrio.
Elena interpreta con intensità un ruolo che ha richiesto coraggio e abbandono, dentro un set che è anche un’idea di libertà. Nella nostra chiacchierata, ci ha raccontato della costruzione del personaggio, della sfida di abitare una recitazione volutamente “fuori dal naturale”, e il legame profondo nato con la regista, in un film che non cerca risposte, ma domande da lasciare aperte.
Com’è nata la tua passione per il cinema? Qual è il tuo primo ricordo?
Qualcosa che facevo con mio padre, il sabato sera.
Vedevamo film d’azione, spesso non adeguati alla mia età, era una cosa da grandi, e poi era una cosa eccitante. Era come guardare dal buco della serratura un mondo a cui poi sarei appartenuta: il mondo delle cose che accadono agli altri. Con mio padre condividevamo i sogni, e il cinema era una porta magnifica.



Il tuo personaggio ne “L’isola degli idealisti”, Beatrice Navi, è una ladra in fuga, ma anche molto più di questo. Come hai costruito la sua interiorità, tra vulnerabilità e ribellione, in un contesto così sospeso come quello dell’Isola delle Ginestre?
Beatrice è impertinente, questo Elisabetta [Sgarbi] mi ha ripetuto sempre. La vulnerabilità e la ribellione mi sono sembrati da subito due aspetti essenziali per attivare il meccanismo del desiderio, che declinato su ogni personaggio, è una delle chiavi di lettura del film. Nel caso di Beatrice, desiderio di conoscere sé stessi.


Il film mette in scena un “corso di educazione” imposto ai due ladri: credi che Beatrice sia più una vittima o una miccia che accende qualcosa negli altri personaggi?
Credo che il film sia interessante proprio perché si interroga sulla dialettica tra bene e male, giusto e sbagliato, legge e fuorilegge, senza offrire una risposta. Beatrice è entrambe le cose, dunque.


“bene e male, giusto e sbagliato, legge e fuorilegge”

Nel film, spazio e specchi sembrano avere un ruolo quasi simbolico. Come ti sei relazionata, da attrice, con questo “dialogo” continuo tra il tuo corpo, l’ambiente e il riflesso?
Elisabetta direi che è ossessionata dal riflesso che rivela la profondità di ogni immagine e la replica, anche simbolicamente, restituendo la molteplicità dei punti di vista. Per me il gioco era scoprire dietro quale riflesso si trovasse lei.


La regista ha ricercato una recitazione sospesa dalla naturalezza, più teatrale, quasi artefatta. È stato liberatorio o difficile lavorare con questa chiave stilistica?
Non semplice, non è la mia zona di confort. Però molto interessante osservare quella sospensione e provare ad abitarla. Per certi versi un gioco.



L’Isola sembra un “altrove” fuori dal tempo e dominato da regole proprie. In che modo questo spazio surreale ha influenzato la tua interpretazione?
L’isola è il film, detta le regole: il non luogo e non spazio hanno reso possibile la rarefazione.

“L’Isola è il film, detta le regole”

Il film nasce da un romanzo perduto di Giorgio Scerbanenco. Ti sei confrontata con il testo originale? E se sì, quanto ti ha guidato rispetto alla sceneggiatura?
Il romanzo è meraviglioso ed è ricco di sfumature, alcune delle quali non sono state trasposte nella sceneggiatura: è stata una fonte preziosissima. Lo avevo sempre con me.



Beatrice entra in un microcosmo dominato da arte, musica, letteratura: ti sei preparata anche con riferimenti culturali o iconografici per dare corpo al personaggio?
Elisabetta vive immersa nella bellezza e così ha fatto con noi. Abbiamo avuto molti riferimenti. Ricordo, per esempio, quando abbiamo ascoltato tutti insieme “Aspettando i barbari” di Kavafis. Suggestioni e analogie continue.

“Suggestioni e analogie continue”


Il film è profondamente corale, ma al tempo stesso ogni personaggio è molto delineato. Come hai lavorato con gli altri attori sul set, anche nei silenzi e negli sguardi?
Con Tommaso Ragno e Renato De Simone si è creato subito un linguaggio di profondo ascolto e ironia, che ci ha consentito di affrontare questo materiale. Ma le scene corali, come quelle della cena, hanno svelato un fatto conclamato: avevamo tutti una nostra interpretazione del linguaggio di Elisabetta eppure eravamo sintonizzati.


Cosa ti ha lasciato, umanamente e professionalmente, questa esperienza in un’opera che gioca tra realtà e teorema, tra rigore e follia?
Un grande senso di libertà, e un atteggiamento un po’ sprezzante nei confronti del pericolo. Che cosa è pericoloso? Il conformismo.
Con Elisabetta si è consolidato un rapporto particolarissimo e intimo, e ho avuto la sensazione di vivere davvero un’esperienza lontana da ogni consuetudine.


Come descriveresti il film con una sola parola?
Ardito.

Cosa ti attrae e cosa invece ti “spaventa” del set?
Mi spaventa quando non è il luogo della concentrazione: solo in certe condizioni le cose posso accadere. Mi attraggono gli incontri, il tempo altro dalla realtà, il sogno.
L’ultimo film o l’ultima serie che hai guardato e che ti hanno lasciato qualcosa di indelebile dentro?
“Il fiore del fico sacro” e “L’arte della gioia”(!!!).
Qual è l’ultima cosa che hai scoperto su te stessa grazie il tuo lavoro?
Che ciò che posseggo a volte mi è sconosciuto.

“Ciò che posseggo a volte mi è sconosciuto”

Il tuo più grande atto di coraggio?
Lasciare andare.
Invece, il tuo più grande atto di ribellione?
Accettare di non essere considerata ragionevole da tutti.


Qual è, per te, il panorama più bello di tutti?
Non so scegliere. Recentemente ho visto alcuni scorci alle Eolie, commoventi. Comunque ,è sempre una relazione tra ciò che calpesto e ciò che guardo. Devono essere belli entrambi.

Sei una mattiniera o un’animale notturno? Qual è il tuo momento preferito del giorno o della notte?
Ahimè, anche qui devo dire che cambia molto. Sono più concentrata la notte, da sola, ma la mattina mi sento uguale a tutti gli altri e più democratica. La mattina è più sana.


Cosa o chi ti fa sentire al sicuro e cosa o chi ti fa sentire sicura di te?
Mia figlia Anna, i miei gatti presenti e passati, alcuni libri, quando mi guardo negli occhi veramente con qualcuno che amo mi sento meglio.
Per te cos’è “casa”?
Un gruppo di persone, gli spaghetti al pomodoro di mia mamma.


Cosa significa per te sentirsi a proprio agio nella propria pelle?
Sentirsi puliti, forti e liberi di muoversi nel mondo senza bisogno di controllare di continuo l’effetto che fa. Senza riascoltare i vocali, senza guardarsi allo specchio, senza controllare il proprio riflesso appunto, ma stare fuori da sé il più possibile.
Qual è la tua isola felice?
Oggi camminare in una foresta e ballare canzoni dell’adolescenza.

Photos & Video by Johnny Carrano.
Makeup & Hair by Sofia Caspani.
Styling by Sara Castelli Gattinara.
Assistant Styling Ginevra Cipolloni.
Thanks to Other srl.
LOOK 1
Shorts & top: Sandro Paris
Shoes: Jimmy Choo
LOOK 2
Total look: Zimmermann
Shoes: Gianvito Rossi
LOOK 3
Skirt & top: Festa Foresta
Jewels: Voodoo Jewels
Shoes: Gianvito Rossi
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