Con una carriera nata quasi per caso e una passione scoperta con il tempo, Giorgia Faraoni si è affermata come una delle attrici emergenti più intense e autentiche del panorama cinematografico italiano. Protagonista del film “L’origine del mondo” di Rossella Inglese, Giorgia ci racconta il suo viaggio nel mondo della recitazione, fatto di coraggio, autodisciplina e una profonda connessione con i suoi personaggi.
Durante la nostra chiacchierata, Giorgia si è aperta con grande sincerità, ripercorrendo le tappe che l’hanno portata a scegliere il cinema come mezzo di espressione e trasformazione personale. Dalla scoperta dell’amore per la recitazione alla catarsi che il ruolo di Eva le ha permesso di vivere, dalle sfide affrontate sul set alla voglia di mettersi in gioco anche nella scrittura, Giorgia ci offre uno sguardo intimo sul suo percorso e sulla sua visione dell’arte.
Qual è il tuo primo ricordo legato al cinema?
Non sono una di quelle persone nate col sogno di diventare un’attrice. Mi sono affacciata al cinema tardissimo, perché cercavo un modo per esprimermi.
Ho fatto il liceo scientifico e in quel periodo mi sono persa in una relazione tossica. All’epoca, facevo fatica a delineare i miei confini, a far valere il mio tempo e il mio spazio, quindi mi aggrappavo alle persone in tutti gli aspetti della mia vita, e non mi ero mai fermata a chiedermi: “Ma tu chi sei? Cosa vuoi fare?”. Questa relazione è durata dai 17 ai 23 anni, e una volta single, una volta processato il dolore della prima rottura, della fine del primo amore, ho cercato un modo per esprimere la rabbia che avevo dentro, la mia voglia di esplorare.
Ho iniziato col canto, ma non era proprio la mia vocazione [ride], piuttosto, preferivo scrivere poesie e canzoni, il che mi faceva intuire che qualcosa dentro di me si stava muovendo. Poi, ho conosciuto una persona che lavorava nel mondo della musica a Milano, che mi ha detto di aver notato che avevo tante cose dentro e mi ha chiesto se avessi mai provato a fare l’attrice. Pensavo che a 23 anni fossi “in ritardo” per mettermi a fare l’attrice. Lui, però, mi disse: “Non importa, se uno questa cosa ce l’ha dentro, è quello che fa la differenza”. Dopo quella conversazione, ho fatto un provino per recitare in un videoclip e mi hanno presa subito. Da quel momento, ho iniziato a vedere film: il mio primo amore è stato Tarantino.


La “fortuna” di appassionarsi al cinema da grande è che puoi iniziare andando dritto al punto, non con Cenerentola e Robin Hood, ma con Tarantino!
Infatti! [ride] Poi, da un lato, mi ritengo fortunata perché, non avendo in testa dei cliché, delle predisposizioni, riesco a recitare in modo che credo sia diverso, perché non avendo materiale a cui attingere posso pescare solo da me stessa, il che ha giocato a mio favore, per i primi provini che facevo. Sai, quando una cosa è grezza, è bellissimo e facile plasmarla.
In tanti oggi mi dicono, “Sei più bella quando reciti” ed è vero, perché tutti noi nella vita indossiamo maschere per nascondere la nostra verità: con la mia maschera, io sembro forte, caciarona, simpaticona, ma dentro ho un animo molto fragile che viene fuori in scena, perché davanti alla camera posso permettermi di essere fragile senza paura di essere giudicata.
Questa è la grande fortuna del mio lavoro, che per me è terapeutico.

“Sai, quando una cosa è grezza, è bellissimo e facile plasmarla.”

Qual è stata la tua prima reazione dopo aver letto la sceneggiatura di “L’origine del mondo?”
Di primo impatto, l’ho odiata. Ho giudicato molto il mio personaggio, perché è una ragazza che tradisce andando con il ragazzo della sua amica, provoca un incidente e uccide una persona, si lega al marito di lei, non ne fa una giusta [ride].
Ad una lettura più approfondita, invece, ho capito che il film si basa tutto sul senso di colpa, e quindi mi sono focalizzata sullo studio del personaggio per cercare di capire perché fa tutto quello che fa: ci tenevo a smettere di giudicarla, empatizzare con lei e andare a fondo per comprendere tutte le sue scelte.
Tutti noi, soprattutto da giovanissimi, facciamo delle scelte giuste o sbagliate, e lei almeno ha avuto il coraggio di evolvere, di diventare una donna adulta, il che inevitabilmente porta a far male, inconsapevolmente, ad alcune persone, e a far del bene a delle altre. Ho cercato di lavorare sulla sua sofferenza, che l’ha portata ad agire in quel modo, e alla forza che ha scoperto di avere e che mi ha insegnato tanto.
Questo ruolo, infatti, è arrivato in un periodo particolare della mia vita, e in me ha cambiato tante cose: Eva mi ha insegnato ad avere il coraggio di essere libera da me stessa, dai miei pregiudizi, e ad accettare la vita così com’è, con la consapevolezza che si può sbagliare, ma l’importante è rialzarsi.



Come dicevi anche tu, il film esplora il tema del senso di colpa e la ricerca del perdono. Come hai vissuto emotivamente i momenti sul set e fuori dal set nel periodo di riprese?
Ho fatto un po’ a modo mio. Ovviamente, io non sono Eva, quindi le cose che succedono a lei non sono successe a me e io ne ero sempre consapevole. Con i miei personaggi, però, io cerco sempre un minimo comune denominatore, perché penso sia importante portare in scena un lato di me per essere autentica. Con Eva, ho trovato nella sua sofferenza un punto in comune: in quel periodo, avevo vissuto una perdita improvvisa, quindi soffrivo molto anche io come lei, provavo anche io un gran senso di colpa perché mi domandavo, “Cosa potrei aver fatto di più o di diverso?”. Quindi, ho fatto un grande lavoro interiore, un po’ distruttivo ma anche catartico, perché mi ha aiutata a superare quel periodo doloroso.
Il dolore che prova Eva, insomma, è il mio dolore, ed è anche per questo che faccio questo lavoro, perché sennò avrei sofferto invano; invece, ho fatto del mio dolore la mia forza e l’ho donata al pubblico. A qualcuno può arrivare, a qualcuno no, ma anche se arriva ad una sola persona, allora vuol dire che non ho sofferto per niente. Mi piace metterci tutta l’anima nel mio lavoro, per questo non so dirti cosa significhi uscire dal personaggio: per tutti i due mesi di riprese, io mi sono sentita Eva e ho voluto proteggerla e conservarla dentro di me per tutto il tempo.



“ho fatto del mio dolore la mia forza e l’ho donata al pubblico”


La relazione tra Eva e Bruno è intensa e moralmente ambigua. Come hai lavorato con Fabrizio Rongione per costruire questa dinamica sullo schermo?
Innanzitutto, Fabrizio è un attore molto conosciuto, specialmente in Francia, ha fatto quasi tutti i film dei fratelli Dardenne; per me, invece, era il mio primo ruolo da protagonista. All’inizio ero molto intimidita, infatti, mi chiedevo se fossi all’altezza. Però, per fortuna, lui è stato bravissimo, molto professionale, molto sensibile, ha una bellissima anima. In realtà abbiamo cercato di non legarci troppo prima, abbiamo fatto poche prove, perché volevo mantenere quell’imbarazzo, quella sensazione di “non ti conosco”, perché se ci fossimo legati troppo prima non avremmo reso l’idea dell’“entrare in punta di piedi” nella vita l’uno dell’altra..
Parlando della scena più difficile, poi, quella di sesso, in quel momento la troupe era super ridotta e con la regista abbiamo fatto molte prove, degli esercizi per scioglierci e Rossella [Inglese] è stata bravissima, mi ha messo molto a mio agio. Tra l’altro, con lei avevo già lavorato.


Con un cortometraggio, vero? “Eva”, per l’appunto.
Esattamente. Con lei mi sono trovata subito benissimo, sono entrata presto in sintonia con la sua poeticità e delicatezza nel raccontare anche le cose difficili. Quindi, sul set di “L’origine del mondo”, conoscendo già lei e il suo modo di lavorare, mi sono sentita subito a mio agio: era tutto magico, ci sentivamo proprio sospesi in un’altra atmosfera.


Il film racconta una storia di perdita e redenzione. Cosa speri che il pubblico porti con sé dopo averlo visto?
Sai, ho lavorato tanto sul finale, che può sembrare la cosa più semplice, perché non ci sono battute, ma non è stato esattamente così dall’altra parte dello schermo. Proprio durante l’ultima scena, ho pensato: “Cosa voglio che arrivi?”. La risposta che mi sono data è stata: tutto il viaggio che ho fatto insieme ad Eva, tramite anche le mie esperienze, i miei dolori.
La storia di Eva è la storia di una ragazza che in qualche modo cerca di diventare donna, la storia di due anime che si incontrano, che hanno entrambe sofferto, e il fatto di ritrovarsi l’uno nella sofferenza dell’altro in qualche modo allevia le ferite, nonostante tutto, e i due riescono a crescere insieme. Spero sia arrivato il messaggio di speranza, di speranza nel prossimo, speranza che la vita poi ti mette sempre davanti persone che in qualche modo a qualcosa ti servono e che non siamo soli a soffrire, perché c’è sempre qualcun altro che soffre. E che tante volte dare al posto che prendere ti allevia la sofferenza: se riusciamo a “dare di più”, le cose poi vanno meglio.
Vorrei tanto che al pubblico arrivi quella speranza che ho provato io dopo tutto quel viaggio, e che all’inizio del film per esempio non c’era.


“Tante volte dare al posto che prendere ti allevia la sofferenza: se riusciamo a ‘dare di più’, le cose poi vanno meglio.”

Come dicevi, Eva affronta un percorso di crescita e trasformazione. C’è qualcosa di lei che senti di aver portato con te anche dopo la fine delle riprese? O qualcosa che hai imparato su di te grazie a lei?
Sicuramente ho imparato a reagire.
Tante volte, nella vita, quando succedono cose brutte, ci troviamo paralizzati, stagnanti, ci facciamo colpire, ci facciamo atterrare, e stiamo fermi per un bel po’. Per questo, di Eva ho apprezzato tanto che, nonostante tutto il male che le capitava e che lei stessa causava, lei reagiva, non si è mai pianta addosso e ha cercato un modo per stare meglio. Man mano che passavano i mesi, finite le riprese, ho cercato di farlo anche io per me stessa, e questa è la cosa più importante che ho imparato, insieme a non giudicarmi.
Ho imparato che i nostri primi nemici siamo noi stessi e quindi, se smettiamo di auto-giudicarci, anche gli altri smetteranno. Dobbiamo imparare a fregarcene di quello che pensano gli altri, perché ognuno fa il proprio percorso e ognuno è unico a modo proprio.
Prima di Eva, la fame di prendermi il mondo l’avevo un po’ persa, perché la vita magari ti porta un po’ a rassegnarti a volte, ad avere dei periodi no, ma dopo di lei l’ho recuperata. Questo film per me è stato catartico, perché “l’origine del mondo” è proprio quel caos che distrugge ma ricrea; dopo il film ho distrutto un sacco di cose nella mia vita, ho eliminato un sacco di amicizie, e ho realizzato che ogni volta che inneschi il caos, poi il mondo funziona meglio, per assurdo.
Tutti noi sappiamo cosa è meglio per noi, ma il problema è che a volte siamo pigri, abbiamo paura del futuro, e proprio il non arrendermi a questo mi ha portata a fare l’attrice a 24 anni. Ho cominciato a studiare recitazione “tardi”, e mi fossi arresa alla paura non l’avrei mai fatto e non sarebbero arrivate tutte queste opportunità.
Ho capito che meritiamo di essere felici al 100%, non a metà, e quindi non dobbiamo aver paura di distruggere, perché poi possiamo sempre ricreare.


Hai un epic fail sul set da condividere?
Ne sono successe di tutti i colori con la regista, con cui c’era già confidenza e stima reciproca. Il sabato sera spesso uscivamo insieme, durante il periodo di riprese, e una volta ci siamo addormentate perché eravamo super stanche e ci sono dei video che lo documentano [ride].


Cosa stai guardando in questo periodo?
Sto guardando “Adolescence” su Netflix: attori pazzeschi, tutto in piano sequenza, una serie bellissima. Ho anche appena visto “L’Arte della Gioia” di Valeria Golino, stupendo, un film veramente potente. Ecco, a me piace questo tipo di cinema, questo tipo di storie, che ti lasciano qualcosa dentro per sempre.
Mi sto cimentando anche nella scrittura, in questo periodo, con un’amica, un’attrice con cui ho collaborato in un altro film. Stiamo scrivendo un film drammatico che parla di legami, di manipolazione, di senso di colpa. A me piacciono tanto i personaggi che sembrano cattivi ma poi non lo sono così tanto.

“A me piace questo tipo di cinema, questo tipo di storie, che ti lasciano qualcosa dentro per sempre.”


Il tuo più grande atto di coraggio?
Ricollegandomi al discorso di prima, sono molto fiera di non aver avuto paura, anche nei momenti in cui stavo per adagiarmi, di stravolgere tutto e ricominciare. Ho avuto il coraggio di ricominciare da zero, senza aver mai studiato recitazione, senza sapere che cosa stavo andando a fare.
Partire da sola per Roma, senza conoscere nessuno, per provare a fare non sapevo bene nemmeno io cosa, è stata la svolta della mia vita e mi ringrazio tutti i giorni di averlo fatto.
Mi son buttata a capofitto in quel mondo, all’inizio prendevo i treni notturni o i Flixbus per fare i provini e non spendere troppi soldi, mi mantenevo facendo i videoclip, continuando a fare la cameriera i weekend. Finché poi ho iniziato a leggere libri di recitazione che mi hanno cambiato la vita, così come mi ha cambiato la vita e la carriera l’anno che ho vissuto a Milano. Sai, Roma è molto stagnante, ti vendono tante bolle di sapone e appena provi a toccarle esplodono e non succede mai niente, mentre Milano è più viva dal punto di vista lavorativo. A Milano ho fatto e vinto i provini per interpretare Eva, e mi è tornata quella voglia di buttarmi, di fare, di prendere e partire, che un po’ avevo perso.
Questa è la mia forza e il mio atto di coraggio più grande, che mi ha fatto scoprire questa passione, che è una fame, una vocazione, non so neanche come chiamarla, però è quella cosa che ti fa dire: “Voglio fare solo questo e sono disposta a tutto per farlo”.



Cosa ti fa sentire al sicuro e cosa ti fa sentire più sicura di te?
Se me l’avessi chiesto quattro mesi fa, ti avrei risposto “le altre persone”, perché prima odiavo stare da sola. Infatti, ho riesaminato la mia vita recentemente e mi sono resa conto che, in realtà, da quando mi sono trasferita a Roma, ho sempre avuto amicizie morbose, ho sempre condiviso la casa, non dormivo mai da sola. Ora, ciò che mi fa sentire più al sicuro è la mia casa, la mia camera, il fatto che decido io quando voglio fare la lavatrice, quando uscire e se voglio uscire; ho scoperto che è bellissimo, dopo aver vissuto sempre alla ricerca di qualcuno a cui aggrapparmi perché pensavo di non farcela da sola. Ora finalmente ho imparato a credere in me stessa, perché ho lavorato tanto su me stessa e i miei spazi, il mio letto, il mio tempo sono diventati la mia forza.

“i miei spazi, il mio letto, il mio tempo sono diventati la mia forza.”

E di cosa hai paura, invece?
Ho paura del tempo che passa. Avendo cominciato questo lavoro tardi, lo sento tanto, ed è per questo che mi carico sempre di tanti impegni, perché ho paura di essere in ritardo. Forse, però, questa paura è anche la mia forza, perché mi ha spinto a correre anche più veloce degli altri.


Cosa significa per te sentirsi a proprio agio nella propria pelle?
Non sono mai stata tanto a mio agio col mio corpo, ma la recitazione mi ha aiutata tanto. Ho sofferto di disturbi alimentari, non mi piacevo, ero bullizzata da piccola, mi chiamavano “Ugly Betty”; nonostante con gli anni alcuni piccoli difetti che avevo da bambina siano scomparsi, non mi sono comunque mai sentita bella. In scena, invece, mi sento bella, perché mi sento utile, sento che sto facendo qualcosa con me stessa. Ovviamente, non posso stare sul set tutti i giorni, per quanto mi piacerebbe, quindi qualcosa che mi sta aiutando tanto quando non recito è avere una routine che include, per esempio, svegliarmi presto la mattina e avere una certa disciplina, cosa che mi sta insegnando anche la scuola di recitazione. Qualcosa sta cambiando; infatti, per esempio, sono sempre struccata e non mi importa, non esco tutte le sere e bevo poco, e non perché me lo impongo, ma perché è una conseguenza naturale della mia produttività, perché ho di meglio da fare tutto il giorno. Quindi, senza darmi regole, ma dandomi una routine, tutto piano piano si è sistemato, compreso il sentirmi meglio con me stessa. È ancora un percorso in divenire, perché lavoro in un mondo in cui c’è tanta competizione, tanti alti e bassi, però cerco di impegnarmi e concentrarmi sulle mie capacità, e la dedizione è fondamentale.
Poi, per carità, sarò sempre un’anima un po’ tormentata, perché fa parte della mia natura, ed è bene così, perché se fossi completamente risolta, cosa avrei da dire?

Qual è la tua isola felice?
A me piace tantissimo il mare d’inverno, mi fa sentire in pace con me stessa, ma anche la pioggia, quella battente il cui suono forte ti entra in testa. Questi due fenomeni forse rappresentano le mie due personalità: io sono Gemelli ascendente Capricorno, quindi ho queste due anime opposte dentro di me; ho tanto lottato perché una prevalesse sull’altra, ma ho capito che è nella loro coesistenza che mi sento in pace e completa, senza negare nessuna parte di me.
Quindi, mi piace la calma del mare d’inverno, con la sua malinconia dolce che mi fa fare i pensieri più profondi e intimi, ma allo stesso tempo sono affascinata dalla pioggia, con la sua forza e la sua carica. Senza di entrambe non sarei me.

Photos & Video by Johnny Carrano.
Styling by Alex Sinato.
Assistant Stylist Alessia Di Russo.
Makeup & Hair by Mattia Andreoli.
LOOK 1
Total Look: CHB – Christian Boaro
Shoes: Casadei
LOOK 2
Total Look: Sportmax
LOOK 3
Total Look: The Nour
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