Per gli amanti del cinema, il “Natale”, inteso come momento più bello e atteso dell’anno, cade in concomitanza degli Oscar. Per gli sportivi, sono le varie competizioni a livello nazionale e internazionale. Per gli appassionati di moda, il “Natale” invece cade a maggio, in quel primo lunedì del mese quando i riflettori sono tutti puntati sulla scalinata e sugli interni del The Metropolitan Museum of Art a New York per un evento e uno soltanto: il Met Gala.
Il Met Gala, noto anche come Costume Institute Gala, è una cena, una ricorrenza impressionante che si tiene annualmente dal 1948 per raccogliere fondi a beneficio del Costume Institute del MET Museum. Questo cade in concomitanza con l’apertura della mostra annuale di moda del Costume Institute, dedicata ad un tema specifico, al quale viene declinato anche il dress code del Gala stesso. Ecco dunque che negli anni abbiamo visto look robotici, interpretazioni del concetto di stravaganza, omaggi ai più importanti stilisti di sempre e alla moda orientale in un tripudio di ospiti e creazioni d’alta moda che rendono questo red carpet il più atteso e chiacchierato della stagione; basti pensare che la lista di attesa delle sole celebrità che vogliono prendervi parte è infinita, e che gli ospiti vengono selezionati da Anna Wintour in persona. Essere presente dunque, non è così scontato.
Dopo la prima parte di questa “speciale edizione”, che si è tenuta a settembre 2021, siete pronti a tornare nel mondo dell’“American Fashion Extravaganza” ma con un tocco glamour extra che ci fa sognare look romantici e scenari nostalgici? Ecco la vostra guida per orientarvi tra le sale, le opere e i tanto attesi look degli invitati del prossimo 2 maggio!
Met Gala 2022: La Struttura dell’Evento


Il tema di quest’anno, o meglio, dello scorso e del presente anno, è stato diviso in due per celebrare la moda americana in tutte le sue sfumature: la prima parte si intitolava “In America: A Lexicon of Fashion“, mentre la seconda sarà “In America: An Anthology of Fashion“, che aprirà ufficialmente il 2 maggio 2022, ed entrambe saranno visitabili fino a settembre 2022.
Un programma ricco, una storia in due puntate per sottolineare l’importanza di uno stile, quello americano, che ha influenzato e che influenza tutt’oggi largamente la moda internazionale. I co-chair dell’evento che affiancheranno Anna Wintour sono niente meno che Tom Ford, Adam Mosseri (Head of Instagram), mentre i presentatori saranno Regina King, Blake Lively, Ryan Reynolds e Lin-Manuel Miranda. Noi sinceramente alziamo le mani di fronte a questa lista: perché se questi sono “solo” i presentatori, chissà quali saranno gli ospiti… Il toto-nome è ufficialmente aperto!
Met Gala 2022: La Scelta del Tema


Una celebrazione della moda americana che è anche una riflessione e una forma di ringraziamento: queste le premesse di Andrew Bolton, che ha dichiarato che la scelta del tema è dovuta al “voler ringraziare la comunità della moda americana, che ci ha supportati negli ultimi 75 anni, e per mettere al centro dell’attenzione questo stile, ponendo anche le basi per una riflessione”.
L’apparente generalità del tema nasconde dunque in realtà motivazioni profonde, che tengono conto sia della storia che dell’attualità, dove la qualità degli abiti degli stilisti americani si lega indissolubilmente ai concetti di identità, inclusione, uguaglianza e unicità, e alla loro intrinseca evoluzione e complessità: nomi di ieri e di oggi si incontrano lungo le sale del Met Museum per raccontare, per mezzo di materiali, dettagli e prospettive, delle emozioni e degli eventi che hanno portato alla loro creazione e al loro successo.
Una riflessione che pone sotto i riflettori la praticità della moda americana, in contrasto con quella più “emotiva” tipica degli stilisti europei, una moda che ha saputo reagire alla storia e interpretare in modo sempre attuale e originale, ogni sfida e ispirazioni, guadagnandosi di diritto una posizione di rilievo nell’olimpo dello stile. Innovarsi e rinnovarsi sono le parole chiave della mostra, due concetti più che mai attuali in tempi di pandemia: “Sono stato molto colpito dalla risposta dei designer americani al clima politico e sociale attuale, soprattutto intorno alle tematiche di inclusione e di gender fluidity. Penso che la moda americana stia attraversando un Rinascimento, e che i giovani designer nello specifico stiano addirittura anticipando le discussioni intorno ai valori di diversità, inclusione e sostenibilità”, ha dichiarato Bolton a Vogue.
Met Gala 2022: Breve Storia della Moda Americana, Soprattutto Recente


Sembrerebbe che questa “American Fashion Extravaganza” si concentrerà sugli ultimi 300 anni di storia americana: si partirebbe dunque, in linea di massima, dal periodo coloniale (prima metà del ‘700), quando a dettare le tendenze erano i paesi colonizzatori quali Inghilterra, Francia e Paesi Bassi. La distinzione era marcata poi tra colonie del Nord e del Sud, tra zone di campagna e città, ma generalmente ci si preferiva vestire semplicemente e tenere il “vestito buono” per la domenica e le feste. Il 4 luglio 1776, nacquero infine gli Stati Uniti d’America e gli eventi della storia presero una corsa molto veloce: dalla presidenza di Lincoln segnata dalla guerra di secessione americana (1861-1865) che portò all’abolizione della schiavitù, durante la quale si segnala il ruolo di sarta personale e confidente della first lady ricoperto da Elizabeth Hobbs Keckley, un’ex schiava, al periodo della scoperta del Far West e dei pionieri. Anche questo è un periodo caratterizzato dalla semplicità, dagli abiti in cotone e dall’indossare pantaloni, anche se si era donne, per poter lavorare più comodamente. Da non dimenticare poi la data del 1853 e un nome: quello di Levis Strauss, che proprio in quell’anno fondo la casa madre dei jeans, ovvero, la Levi’s.
Gli anni del primo ‘900 sono gli anni delle Grandi Guerre, dove lo stile non costituiva certamente una preoccupazione, anche se, negli stessi anni, si assistette alla cosiddetta “Golden Age” di Hollywood e alla nascita del mito delle grandi star del cinema: Ingrid Bergman, Katharine Hepburn, Rita Hayworth, Liz Taylor, Audrey Hepburn, Greta Garbo, Joan Crawford, Vivien Leigh, Bette Davis e Marylin Monroe sono soltanto alcuni dei nomi che hanno segnato il mondo del cinema con le loro interpretazioni e apparizioni, intese proprio come look. È qui infatti che nasce il fenomeno del red carpet e dei costume designer (a cominciare da Gilbert Adrien, il costumista della Major MGM considerato il fautore del fenomeno delle dive) che, sui vari set danno vita a creazioni che, ancora oggi, sono considerate iconiche. Quelli del dopoguerra poi sono gli anni della rinascita, del proibizionismo, degli abiti con lustrini e scintillanti, delle flappers, dei dettagli sensuali e del glamour più assoluto dove chiunque vuole respirare l’aria di possibilità e libertà che si prefigura all’orizzonte.
Se negli anni ’40 e ’50 si inizia ad “abbandonare” un po’ la praticità e semplicità tipica dello stile americano fino ad allora, adottando completi e gonne a vita alta, pur continuando a contribuire allo stile ready-to-wear, è dagli anni ’60 che il mondo guarda all’America per un’icona di stile in particolare: parliamo della First Lady Jaqueline Kennedy, sempre impeccabilmente vestita dallo stilista Oleg Cassini, che diede il via al fenomeno delle First Lady intese come icone di stile, alla pari dei reali europei. Ma gli anni ’60 furono anche il periodo del movimento hippy, con capi tie dye, occhiali da sole giganti, pantaloni larghi, sciarpe sulla testa e colori sgargianti e delle minigonne, simbolo di emancipazione. In altre parole, furono gli anni della libertà e della rivoluzione, anche in termini individuali.


Anche gli anni ’70 segnarono un punto di svolta per la moda americana: sono gli anni di Cher e dei suoi look “scandalosi”, di Diane Vreeland alla guida di Harper’s Bazaar e Vogue prima di diventare consulente al Costume Institute e di dare nuovo lustro al Met Gala come lo conosciamo oggi e, soprattutto, il momento in cui gli stilisti americani salgono sul podio insieme agli europei per dimostrare al mondo intero la validità delle loro creazioni. Questo si verifica durante la cosiddetta “Battaglia di Versailles”, un evento benefico organizzato nella Reggia di Luigi XIV da Eleanor Lambert (fondatrice del Met Gala stesso, del CFDA e della New York Fashion Week tra le altre cose), dove a darsi battaglia a colpi di look mozzafiato furono la controparte americana ed europea, rispettivamente rappresentante Anne Klein, Bill Blass, Stephen Burrows, Oscar de la Renta e Halston per l’America e Hubert de Givenchy, Emmanuel Ungaro, Pierre Cardin, Yves Saint Laurent e Marc Bohan (Dior) per l’Europa. La vittoria dell’America fu sensazionale, e ancora oggi si deve molto a nomi del calibro di Halston e de la Renta che, a modo loro, hanno contribuito a diffondere un messaggio importante: l’America è arrivata sotto i riflettori della moda e non intende spostarsi.
Negli anni ’80 e ’90 risuonano i nomi di Jane Fonda, Madonna e del cast di “Dinasty” quando si parla di tendenze, ma sono anche gli anni di designer quali Ralph Lauren, Calvin Klein, Carolina Herrera, Tommy Hilfiger, Donna Karen e Tom Ford, tutt’oggi considerati grandi nomi del fashion system insieme a quelli più “recenti” quali Rodarte, LaQuan Smith, Vera Wang e Marc Jacobs Alexander Wang e Proenza Schouler.
E oggi invece? Lo stile americano ha subito molto l’effetto della globalizzazione, lasciando da parte i concetti di appartenenza o meno ad un paese per concentrarsi invece su quelli di libertà, su una moda per tutti che sia semplice, pratica, comoda e senza tanti fronzoli. Non ci sono condizionamenti geografici, non c’è desiderio di tradizione: c’è invece la voglia di dar voce a nuovi talenti, di confermare ancora una volta il successo dello streetwear (nato proprio per mezzo delle culture skate e surf della California degli anni ’90) e di “provocare” chi osserva un abito portandolo ad interrogarsi su tematiche quali l’appartenenza, l’inclusione e l’individualità. Insomma, c’è il desiderio di vedere la moda americana come “una forma d’arte emozionale e vivente”, sempre citando Bolton, che non esclude lo storytelling dalla sua indole pratica.
Met Gala 2022: Gilded Glamour


Se, la mostra dedicata alla cultura e alla moda americana è stata divisa in due parti, per inaugurare questa seconda, si è voluto puntare su un tema della serata che risuona di lustro, fasti e di nostalgia, celebrando così il tanto atteso ritorno alla normalità e la rinascita di uno degli eventi più attesi dell’anno. La parola chiave per il dress code del prossimo 2 maggio è “Gilded Glamour”: letteralmente “glamour dorato”, fa riferimento alla Golden Age americana che, tra la seconda metà dell’800 e i primi anni del ‘900, ha fatto sognare il mondo intero tra look in sospeso tra eleganza retro e sprazzi di modernità, segnando una moda segno del cambiamento e proprio dal cambiamento influenzata.
In questo periodo di crescita economica, di lusso e di rapida industrializzazione e di ricostruzione, troviamo corsetti (non a caso, una delle tendenza della stagione attuale), guanti lunghi fino al gomito, elaborati copricapi, colori sgargianti, tessuti in broccato e scollature vistose, in un tripudio di sfarzo ed eleganza volti ad ostentare il proprio benessere. Un elaborato processo di vestizione dunque volto ad un solo obiettivo: quello di impressionare. Nella Gilded Age del Met Gala 2022 possiamo aspettarci tutti questi elementi, una dominanza della tinta ora e abiti degni dei migliori period drama: e se si presentasse sul red carpet anche qualche membro del cast di “Bridgerton” o del secondo film di “Downton Abbey”, in uscita in questo periodo, beh… Non ci stupiremmo di certo!
Met Gala 2022: Aspettative


Dire “Chi” potrebbe esserci al Met Gala è sempre un azzardo, perché le sorprese non mancano mai. Quasi sicuramente possiamo contare su veterani dell’evento come Rihanna, le sorelle Kardashian e Hadid, Katy Perry, Eva Chen, Lady Gaga, Jared Leto, Harry Styles e gli scorsi co-host dell’evento, ovvero Timothée Chalamet, Billie Eilish, Naomi Osaka e Amanda Gorman. Grande attesa anche per il cast di “Euphoria”, nonostante Zendaya abbia confermato che non sarà presente (purtroppo): chissà poi quali invitati avranno effettivamente l’approvazione di Anna Wintour per prendere parte a questa edizione…
In termini di “Cosa” invece, intesi come look e designer che ci aspettiamo di vedere sul red carpet, le aspettative sono alle stelle: dopo le imprevedibili (ma attuali) scelte di stile dello scorso settembre, ora è il momento di puntare sul classico e sull’eleganza d’altri tempi. I nomi più papabili in questi termini sono: Rodarte (potrebbero presentarsi le stiliste stesse in compagnia della loro amica e musa Kirsten Dunst o, ancora, di Florence Welch, per la quale hanno curato i look dei suoi ultimi video), Vivienne Westwood (i look sposa dai tocchi vittoriani e punk sono altamente quotati), qualche abito vintage di Givenchy (come quelli indossati da Audrey Hepburn in “Guerra e Pace”), Vionnette, Christian Dior by John Galliano o Schiaparelli (anche se, vedere il contrasto tra un look retro e uno contemporaneo del brand potrebbe essere molto interessante). Non possono mancare poi grandi nomi dei look pomposi come Alexander McQueen, Christian Lacroix e lui, Gucci by Alessandro Michele: io ve lo dico, al primo abito della collezione cruise 2019 del brand che vedrò, mi inchinerò sicuramente davanti a tanta bellezza!