È l’evento di moda più atteso dell’anno, è l’incontro tra arte e stile, è il red carpet dove la creatività regna suprema: stiamo parlando ovviamente del Met Gala, che ogni anno celebra l’apertura di un’esibizione a tema sul mondo della moda al Metropolitan Museum di New York con una celebrazione ricca di look pazzi e d’ispirazioni artistiche.
Dopo il tema del rapporto tra la religione e la moda della scorsa edizione, ci prepariamo ora per il 6 maggio, quando davvero l’esagerazione diventerà protagonista per una serata e una mostra senza precedenti, intitolata “Camp: Notes on Fashion”: il tema del Met Gala 2019 infatti, indaga come gli eccessi, l’ironia, l’artificio e la teatralità abbiano incontrato e influenzato lo stile nel tempo, arrivando fino ai giorni nostri.
Perché questa scelta? Come si è sviluppato negli anni tale rapporto? E cosa dobbiamo aspettarci in termini di look? Ecco tutto quello che c’è da sapere sul tema del Met Gala 2019!
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MET GALA 2019
Il Tema
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Prima di tutto: che cosa si intende con ‘camp’? Susan Sontag, scrittrice americana, nel suo saggio “Camp: Notes on Fashion” del 1964, che costituisce il manifesto di questa mostra, lo ha definito come “Una visione del mondo in termini di stile, ma di uno stile particolare. E’ infatti l’amore per l’esagerazione”. Con tale saggio, Sontag introduce i lettori alla sensibilità per l’esagerato, che nella concezione moderna viene spesso inteso come sinonimo di “kitsch” o “stravagante”; in realtà, la definizione di Sontag è molto più sfumata, in quanto viene considerata esoterica, una sorta di codice privato e di identificativo individuale.
Per spiegare ancor più nel dettaglio il suo ragionamento, Sontag ha stilato una lista di 58 appunti utili a identificare il ‘camp’ nella vita di tutti i giorni; per la scrittrice, lo si ritrova ad esempio nelle lampade Tiffany, nei vecchi fumetti di Flash Gordon e nel balletto “Il Lago dei Cigni”: non a caso, il 25esimo dei suoi appunti recita: “Camp è una donna con indosso un abito fatto di 3 milioni di piume”.
Altri appunti esemplificativi sono i seguenti:
38. “Camp è l’esperienza sempre piu estetica del mondo. Incarna una vittoria dello stile sul contenuto, dell’estetica sulla moralità, dell’ironia sulla tragedia”.
41 . Camp vuole detronizzare il serio. E’ giocoso, non-serio. Più precisamente, Camp implica una relazione nuova e più complessa con ‘il serio’. Si può essere seri parlando del frivolo, e frivoli parlando del serio”.
- “Ciò che è stravagante in un modo incoerente o non appassionato non è Camp. Senza passione, si ottiene uno pseudo-Camp, che è semplicemente decorativo, sicuro, in una parola, chic”.
Specialmente negli anni ‘60, subito dopo la pubblicazione del saggio, il termine è stato associato alla comunità LGBT con accezione negativa, in quanto si usava per riferirsi ai manierismi eccessivamente femminili usati dagli uomini. Sontag invece, intendeva gli omosessuali come nuovi portatori del gusto aristocratico, una classe improvvisata di auto-eletti esemplificativa di questo gusto stravagante.
Come si è giunti alla scelta di un tema simile? Andrew Bolton, il visionario curatore delle ultime mostre al Met Museum e Vogue, partner dell’evento, lo hanno prediletto per celebrare il suo vero significato, le sue molte sfumatura e la sua ricca storia. “Le persone pensano che ‘camp’ significhi superficialità, gay e travestiti,” ha rivelato Bolton a Vogue USA. “Ed è vero, ma c’è anche molto altro. (…) Susan scrivendo del ‘camp’ non l’ha inteso come un fenomeno politico o gay, ne stava discutendo in termini estetici”.
E, se si parla di estetica, non si può di conseguenza evitare di parlare di moda o, in questo caso, di moda estrosa.
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MET GALA 2019
L’Evoluzione del “Camp” negli Anni e il Rapporto con la Moda
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L’estetica ‘camp’ si può rintracciare nel corso dei secoli. La prima comparsa del termine nel dizionario si ha nel XX secolo, definito come: “Azioni e gesti di enfasi esagerata”, data la sua accezione liquida e, come sottolineato anche da Sontag, impossibile da strutturare.
In termini di stile, una prima testimonianza presente tra gli oltre 200 oggetti che saranno messi in mostra al Met Museum, si ritrova alla corte di Versailles di Luigi XIV: il Re Sole amava circondarsi (e vestirsi in prima persona) di sfarzi ed eccessi di ogni genere, dall’arredo all’abbigliamento fino agli accessori; gli elementi barocchi di quest’epoca segnano infatti la nascita degli eccessi ornamentali.
Si passa subito dopo alla fine del’800 e della Londra Vittoriana, più precisamente al 1870, quando i travestiti Frederick Park (“Fanny”) ed Ernest Boulton (“Stella Boulton” o “Stella Clinton”) furono protagonisti di un processo di fama internazionale dopo essere stati arrestati per essersi travestiti da donne. Furono rilasciati per mancanza di prove, ma l’episodio segna uno dei primi momenti in cui si ebbe una chiara percezione dell’esistenza dell’omosessualità.
Correlato a tale avvenimento, è il focus che il termine ha sempre dedicato ai queer e alle drag queen: con il loro stile stravagante e colorato, sono un esempio chiaro del ‘camp’, il cui lampante riferimento è dato da RuPaul, dai suoi outfit teatrali e dal suo programma di successo dedicato alle drag queen. Altre celebri iconi del ‘camp’ del XX secolo secolo sono Cher, con i suoi abiti estremamente scenici (che saranno in mostra al Met Museum) e Bjork, la cantante tutta tulle e colori inusuali che ha sconvolto il mondo intero indossando sul red carpet degli Oscar nel 2001 un abito a forma di cigno della designer Marjan Pejoski.
I designer hanno chiaramente ricoperto un ruolo importante nella diffusione dell’estetica ‘camp’, specialmente dal ‘900 in poi, proponendo look scioccanti per esprimere un senso di identificazione o, in alternativa, in chiave umoristica. Una delle prime a intuire le potenzialità del ‘camp’ negli anni ‘30 è stata Elsa Schiaparelli, inventrice del rosa shocking e creatrice di look surrealisti anche in collaborazione con alcuni massimo esponenti del movimento come Salvador Dali.
Tuttavia, è con gli esplosivi anni ‘70 che si assistette a una vera e propria dominazione del ‘camp’ nella moda, complice anche la situazione culturale del momento che incitava a una maggior libertà di espressione: in questo periodo, troviamo esponenti come Franco Moschino, maestro della dissacrazione e dell’irriverenza che dimostrò come la moda non fosse solo un argomento serio ma anche di intrattenimento e, a volte, immorale.
Negli anni ‘80 troviamo il lavoro di Jean-Paul Gaultier a scuotere il concetto di stile usando modelli e modelle non convenzionali per le sue collezioni e sovvertendo il concetto di genere: più volte infatti ha fatto sfilare uomini con indosso delle gonne. Gli anni ‘90 invece rappresentano il momento di due icone della moda ‘camp’ come John Galliano e Alexander McQueen: il primo, con le sue creazioni sensuali e mistiche, ha apportato un tocco teatrale prima in casa Dior e poi in Maison Margiela, di cui è tutt’oggi direttore creativo, mentre il secondo, con le sue sfilate scioccanti, trasgressive e provocatorie (non solo in termini di look, ma anche di allestimenti) è stato il massimo rappresentante dello stile bizzarro.
Nel contemporaneo, la tendenza ‘camp’ trova un’ampia valvola di sfogo, tra calzature discutibili, completi streetwear, accessori insoliti e collaborazioni improbabili tra brand e artisti che hanno sicuramente ridefinito i canoni estetici: un esempio lampante è il lavoro di Alessandro Michele da Gucci, che con il suo stile kitsch ha portato una ventata di novità all’interno del brand italiana che, prima di lui, non aveva mai toccato vette così fantasiose (basti pensare ai modelli che reggevano in passerella il calco delle loro teste o alla collezione Cruise gotica/medievale presentata al cimitero di Arles). Non a caso, Michele sara uno dei chairman di questo Met Gala, e diverse sue creazioni saranno incluse nel catalogo della mostra.
Se la stravaganza di Gucci si evince dalle stampe colorate e dai ricchi abbinamenti in contrasto, la forza di uno stile più vicino alla quotidianità come lo streetwear, ma comunque capace di sorprenderci con scelte ‘camp’, si ritrova in designer come Demna Gvasalia (Balenciaga), con le sue stampe a fumetto e le crocs a piattaforma, e Virgil Abloh (Off-White) con i suoi look sportivi, ironici e contrari ad ogni estetica classica.
E ancora, gli eccessi noir di Rick Owens, la stravaganza di Comme des Garcons e il successo di stilisti giapponesi come Junya Watanabe e Rei Kawakubo, sono solo alcune delle voci che hanno influenzato e ampliato la sensibilità ‘camp’ negli ultimi anni, reclamando la necessità di dimostrarsi sovversivi e scioccanti in un’epoca politica che sempre purtroppo voler limitare sempre più il diritto a osare. Per quanto sia impossibile dare una definizione univoca del ‘camp’, quel che è certo è che la sua forza risiede nella sua estetica scindibile, adattabile alle nostre personalità ed esigenze: drag queen, designer, sociologi e artisti… Sono tutte diverse espressioni dello stesso coraggio, quello che si mette in pratica quando si vuole dar libero sfogo alla propria essenza, con tutti i suoi eccessi e i suoi artefici.
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MET GALA 2019
I Possibili Look
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Se, come abbiamo visto, il ‘camp’ rappresenta la sensibilità dell’oltre, quale luogo migliore per dare sfogo ad uno stile imprevedibile se non il red carpet? Mai come quest’anno gli ospiti del Met Gala potrebbero sorprenderci con creazioni capaci di ridefinire i canoni della teatralità. In attesa di scoprire in quanti e quali modi ci stupiranno, noi abbiamo pensato a delle proposte, provenienti dalle passerelle dell’ultima stagione, rappresentative dello stile ‘camp’.
Che il conto alla rovescia più esagerato di sempre abbia inizio!
Bellissimo articolo ❣️